REGGIO EMILIA – L’8 luglio scorso la Corte d’Assise d’Appello di Bologna ha confermato la condanna all’ergastolo di Paolo Bellini per la strage alla stazione di Bologna. Le motivazioni della sentenza sono state depositate nei giorni scorsi. Secondo i giudici, tra i mandanti e gli organizzatori della strage del 2 agosto 1980 ci fu la “superspia” Federico Umberto D’Amato, che tra il ’71 e il ’74 diresse l’Ufficio Affari riservati del ministero dell’Interno. Nello stesso processo, la Corte ha anche confermato le condanne di Piergiorgio Segatel, ex capitano dei carabinieri, accusato di depistaggio, e Domenico Catracchia, che in via Gradoli a Roma amministrava alcuni condomini utilizzati abitualmente dal Sisde, il servizio segreto civile, e nei quali avevano due covi i Nar, i Nuclei armati rivoluzionari che furono esecutori materiali della strage. Era stato rinviato a giudizio per depistaggio, ma è morto nel 2021, anche il generale Quintino Spella, che nel 1980 era capocentro del Sisde a Padova.
E’ utile ricordare questo quadretto di famiglia nel momento in cui il decreto sicurezza del Governo, all’articolo 31, attribuisce ai membri dei servizi segreti una sorta di licenza criminale, a patto che siano autorizzati dal capo del Governo. In altre parole, oggi un agente dei Servizi, se commette un reato, è punibile. Domani non lo sarà più, se è stato autorizzato dal presidente del Consiglio dei ministri. Non è un bel vedere, in un Paese in cui i mandanti e gli esecutori materiali di molte delle stragi degli anni di piombo sono stati incoraggiati, aiutati o protetti da uomini dei servizi segreti.
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