BOLOGNA – Nella prima udienza del processo di secondo grado a suo carico, Paolo Bellini non era presente fisicamente in aula. Era collegato in video conferenza dal carcere di Spoleto, dove è stato rinchiuso dopo essere stato arrestato nel giugno scorso per il rischio di commettere reati contro il giudice Francesco Caruso, presidente della Corte che lo ha condannato all’ergastolo in primo grado per la strage di Bologna e contro la ex moglie, testimone del processo. Il trasferimento nel carcere bolognese è stato negato dal Ministero per motivi di sicurezza.
Secondo i giudici di primo grado, Paolo Bellini fu uno degli esecutori materiali dell’attentato, il quinto uomo del commando che il 2 giugno 1980 posizionò la bomba nella sala d’aspetto della stazione. L’esplosione provocò la morte di 85 persone, tra cui madre e figlio di Scandiano e Casalgrande. Più di 200 i feriti.
Per la Primula Nera reggiana, ex estremista di destra tra le fila di Avanguardia Nazionale, ora è cominciato il secondo grado di giudizio, davanti alla Corte d’Assise di Appello di Bologna. In apertura dell’udienza, gli avvocati di Bellini hanno subito sottposto alla corte l’elemento che smonterebbe le prove presentate in primo grado contro il loro assistito: l’uomo ripreso nel video girato quel giorno in stazione da un turista tedesco e identificato dalla ex moglie, a loro dire, non può essere Paolo Bellini. “C’è un fotogramma – dicono – da cui emerge che l’orologio al polso di una persona che stava dietro al presunto Bellini segna un orario, le 13.15 o le 12.15, incompatibile con la sua presenza a Rimini alle 11.30 come dice la moglie”. I legali hanno inoltre chiesto che l’imputato sia messo nelle condizioni di partecipare in presenza. La procura generale, con il sostituto Nicola Proto, ha chiesto invece che venga confermato il decreto di partecipazione a distanza. Si attende su questo la decisione della Corte.
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