REGGIO EMILIA – Alle pizzerie reggiane che avevano messo sotto tiro hanno offerto dei soldi, definendoli una sorta di indennizzo simbolo del loro pentimento: mille euro per ciascun locale, quindi 4mila euro in tutto. 4mila euro per una settimana da incubo. Ma i ristoratori non hanno accettato denaro dai fratelli.
“La colpa dei padri non ricada sui figli”, ha detto in aula Bruno Salernitano, l’avvocato dei figli di Francesco Amato, chiedendo l’assoluzione per Mario e le attenuanti per Cosimo e Michele, questi ultimi due rei confessi. Stava tutto lì, per il legale, il nodo da sciogliere: dimostrare che non c’era stato il metodo mafioso in quei sette giorni choccanti e che avevano generato il terrore tra i ristoratori, fatti di spari e di tentate estorsioni nei confronti di quattro locali. Dimostrare che non furono atti messi in campo per agevolare l’associazione a delinquere. E su quello, dice, concentrerà il ricorso in Appello, perchè per ora invece l’aggravante del metodo mafioso è stata riconosciuta. La sentenza di primo grado emessa dal gup di Bologna è stata di otto anni e sei mesi di condanna per Mario e di sei anni ciascuno per Cosimo e Michele Amato. Il pm Beatrice Ronchi aveva chiesto quattordici anni per il primo, il maggiore, e nove a testa per gli altri due.
Il padre Francesco era stato condannato nel processo contro la ‘ndrangheta Aemilia a 19 anni e poi ad altri 6 perchè artefice dell’agghiacciante giornata alle Poste di Pieve Modolena, col sequestro durato ore e ore degli impiegati dell’Ufficio postale. Gli inquirenti avevano visto quel fatto come un avvertimento, come a dire ‘adesso a Reggio comandano gli Amato’, e gli episodi contro le pizzerie ad opera dei suoi figli avvenuti tra il 31 gennaio e il 7 febbraio 2019, quindi pochi mesi dopo, erano stati considerati un potenziale segno della continuazione di quel messaggio mafioso. I fratelli, per l’accusa, avevano sparato contro l’ingresso della Perla di Cadelbosco Sopra e del Piedigrotta 3 di Reggio e avevano tentato di estorcere denaro tramite pizzini anche al Piedigrotta 2 e al Paprika di Reggio.
Per l’avvocato Salernitano, che definisce comunque la sentenza di primo grado “equa e ragionevole”, i fratelli Amato hanno agito “in maniera rudimentale e infantile – dice – modalità lontana dalle strategie sottili della ‘ndrangheta, e non nel nome della cosca”, continua il legale.
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