REGGIO EMILIA – I redditi dichiarati ristagnano e il 30% dei reggiani non versa l’addizionale comunale Irpef perché ha un imponibile che non raggiunge la soglia dei 15mila euro. Il Covid ha danneggiato un gran numero di attività economiche e ora la guerra in Ucraina e la speculazione stanno spingendo verso l’alto l’inflazione, erodendo margini, stipendi e pensioni. Eppure c’è un indicatore che anno dopo anno descrive una realtà almeno in parte diversa. Ed è un indicatore che non mente, perché i redditi a volte si possono occultare, ma i depositi in banca no, almeno quelli in Italia. E le statistiche rese pubbliche pochi giorni fa dalla Banca d’Italia dicono che in 5 anni la ricchezza finanziaria dei reggiani è cresciuta di 8 miliardi di euro: + 31% tra il 2016 e il 2021. Siamo passati da 25,5 miliardi di euro a 33,5. Nel solo 2021 la crescita è stata di 2 miliardi di euro, con un più 3,6% per le somme depositate sui conti correnti e i libretti di risparmio e un balzo dell’11% per i dossier titoli, il più alto in regione.
Queste somme sono per circa due terzi delle famiglie e per un terzo delle imprese. A fine 2021 i depositi bancari dei reggiani ammontavano a 19,2 miliardi di euro, i titoli a custodia a 14,3 miliardi, così suddivisi: il 60,8% in quote di fondi d’investimento, il 14,7% in azioni, il 13,2% in titoli di stato italiani e il resto in obbligazioni. Chiaramente la crescita della ricchezza finanziaria deve essere depurata dall’effetto dell’inflazione, che però non basta certo a spiegare tutto. Per contro, l’indebitamento di famiglie e imprese della nostra provincia è stabile attorno a quota 20 miliardi di euro da quasi 15 anni.
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