REGGIO EMILIA – Nella relazione depositata nei giorni scorsi in Tribunale, il commissario giudiziale analizza le cause del dissesto della Società Agricola Ferrarini, finita in concordato preventivo con un passivo di 252 milioni di euro.
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“Lo stadio vero e proprio di conclamata insolvenza è stato innescato da un intreccio di operazioni e garanzie tra le società del gruppo, che trae origine in operazioni anche personali che hanno riguardato la famiglia Ferrarini, sovrapponendo e confondendo tra di loro le sorti delle varie società operative, ma anche le sorti dei patrimoni personali”: il commissario giudiziale Federico Spattini, nella relazione depositata nei giorni scorsi in Tribunale, sintetizza così le cause del dissesto della Società Agricola Ferrarini. Il riferimento, scrive il professionista, è in particolare ad “alcune operazioni che riguardano atti di compravendita immobiliare tra la società ed alcuni dei membri della famiglia, ed in particolare, ma non solo – annota Spattini – la signora Lina Botti”, vedova di Lauro Ferrarini. Operazioni, aggiunge il commissario giudiziale, che potrebbero “aver favorito in passato trasferimenti di ricchezza tra le società o anche con riguardo alla famiglia stessa”.
L’elenco delle operazioni dubbie è lungo e può essere riportato solo in parte: il passaggio tra il 2013 e il 2014 di 7,4 milioni di euro dalle casse dell’azienda a quelle di una società lussemburghese della famiglia Ferrarini (Elle-Effe), i quasi 37 milioni versati a Lina Botti per l’acquisto di Villa Corbelli, le numerose compravendite di terreni per oltre 111 milioni di euro con società di singoli membri della famiglia, compravendite in realtà mai perfezionate, ma che venivano iscritte a bilancio con il risultato, di volta in volta, di compensare debiti oppure di far figurare all’attivo crediti che in realtà erano inesigibili e, in ogni caso, molto superiori al loro valore reale.
Spattini fa risalire l’inizio della crisi almeno al 2011. La vera situazione dell’azienda veniva però occultata, perché, scrive il commissario, gli accertamenti condotti “comprovano una situazione debitoria ben più compromessa di quanto riportassero le scritture contabili”. Fra gli esempi di alterazione dei bilanci, la relazione cita l’emergere, nel 2018, di 25 milioni di debiti bancari non contabilizzati e il caso di un conto corrente su sui risultavano depositati 17,7 milioni di euro che invece non c’erano.
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