REGGIO EMILIA – Settanta arrivi in una settimana, 151 negli ultimi 15 giorni: il sistema di accoglienza della nostra provincia è arrivato al punto limite. Al punto limite e a un bivio. E’ il momento di scelte difficili, scelte da compiere partendo da una constatazione: con i numeri degli ultimi mesi, la possibilità di accogliere i richiedenti asilo in appartamenti, come si è fatto finora, è prossima all’esaurimento.
Il raggruppamento temporaneo di imprese della cooperazione sociale, guidato dal Consorzio Oscar Romero che gestisce i richiedenti asilo nella nostra provincia su incarico della prefettura, lo ha fatto finora sulla base del modello dell’accoglienza diffusa. Dunque, niente tendopoli, niente maxi-strutture che concentrano in unico luogo molte persone, riducendo la qualità dell’accoglienza e generando preoccupazione tra i cittadini. Il modello reggiano ha funzionato bene, avviando molti migranti verso un percorso di integrazione e di autonomia.
Ma, ora, questo sistema è sottoposto a una pressione molto forte. Il bando della prefettura vinto dalle cooperative prevede la gestione dell’accoglienza di mille persone, ma in questi giorni – con l’intensificarsi degli sbarchi e i successivi ricollocamenti – siamo arrivati a 1.350. Le nuove migrazioni seguono due direttrici principali. Una parte consistente dei migranti arriva dall’Africa subsahariana: Sudan, Mali, Gambia, Camerun e così via. Gli altri provengono soprattutto dall’Afghanistan e dal Pakistan.
Queste 1.350 persone sono distribuite in circa 250 appartamenti in tutta la provincia. Con questo tipo di accoglienza diffusa arrivato a un passo dalla saturazione sarà necessario studiare strade alternative. Alberghi? Oppure scuole e palestre non più utilizzate? Tendopoli? Le scelte sono nelle mani delle istituzioni, ma riguardano tutta la comunità.
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