REGGIO EMILIA – L’intervista rilasciata venerdì scorso a Decoder da Katia Bassi, manager di Silk Faw, colpisce per diversi motivi: la sottolineatura della maggioranza statunitense nel capitale dell’azienda, i tempi serrati del piano industriale, la disponibilità – almeno a parole – ad ascoltare il territorio e a rispondere a domande e preoccupazioni, la prudenza rispetto al ruolo della propulsione elettrica nel futuro del settore automobilistico. Tutti temi di grande interesse, con forti implicazioni per il progetto di Silk Faw e per Reggio Emilia.
Chi vi parla, tuttavia, è rimasto colpito anche da un altro elemento. Un elemento marginale, un aspetto di dettaglio, che però fa pensare. Da tre anni, nella nostra città, è in corso una forte mobilitazione contro la realizzazione, da parte di Iren, di un impianto per il trattamento della frazione organica dei rifiuti, il cosiddetto “biogas”. Nel corso della mobilitazione, questo impianto è stato descritto dai comitati che vi si oppongono come una grave minaccia per la salute dei cittadini, in particolare quelli delle vicine frazioni di Gavassa, Massenzatico e Prato.
Bene, di fianco al biogas Silk Faw costruirà non solo uno stabilimento produttivo (e fin qui niente di strano) ma anche un albergo. Non una pensione per latitanti, ma un albergo a 5 stelle con centro wellness. Si potrebbe dire che i clienti dell’albergo trascorreranno lì una notte o due, mentre i residenti di Gavassa, Massenzatico e Prato non sono di passaggio. Ed è certamente così. Ma il paradosso resta: un albergo 5 stelle di fianco al biogas. Forse questi americani e i loro soci cinesi sono matti. O forse è possibile guardare alla vicenda da un altro punto di vista.
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