REGGIO EMILIA – Risale al mese di settembre 2021 la presentazione ufficiale della Hypercar S9 e a illustrare potenzialità e mercato del primo prodotto di Silk Faw c’era Roberto Fedeli, allora vicepresidente esecutivo innovazione e tecnologia dell’azienda. All’inizio di aprile, meno di un mese fa, lo stesso ingegnere pisano in un’intervista a Radiocor – agenzia di stampa economica del Sole 24 Ore – aveva ribadito con convinzione il progetto fornendo i tempi legati alla produzione di queste auto ipertecnologiche ed elettriche tra il 2023 e 2024.
A distanza di poche settimane, il manager che vanta un curriculum di alto profilo nel settore ha però cambiato strada. Alle auto di lusso prodotte a Gavassa ha preferito salire sull’auto di James Bond. Fedeli si è infatti dimesso per assumere l’incarico di direttore allo sviluppo tecnologico di Aston Martin, casa automobilistica britannica acquistata meno di due anni fa dal miliardario canadese Lawrence Stroll, che nelle ultime settimane ha fatto incetta di top manager italiani, alcuni dei quali prelevati proprio in Silk Faw e con significativa esperienza in Ferrari.
Prima di Fedeli, lo scorso ottobre, si era dimesso dalla joint venture sinoamericana anche il super consulente Amedeo Felisa, ora Ceo proprio di Aston Martin. Ancora prima aveva lasciato l’ex responsabile commerciale Paolo Gabrielli. Queste le figure che escono, dall’altra parte chi resta: primo fra tutti l’ideatore del progetto, il finanziere americano Jonathan Krane che intende arrivare al traguardo con la realizzazione della nuova mega fabbrica a Gavassa per un investimento da 1 miliardo e 300 milioni di euro.
Sarebbero iniziate anche le selezioni del personale, al momento circa un centinaio le figure già individuate. Ora, si attende il rogito per l’acquisto del terreno e la realizzazione dei capannoni. Un progetto sicuramente importante per la città, esposto però a vari rischi: il taglio degli investimenti in Europa da parte della Cina, che nel progetto ha il 15% con Faw; le frizioni politiche con gli Stati Uniti, che ne detengono l’85%; sino alla crisi delle forniture dei microchip, che sta mettendo in seria difficoltà tutto il settore dell’auto. Un’opportunità, dunque, ma anche una sfida in un momento tutt’altro che semplice.
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