CASTELNOVO MONTI (Reggio Emilia) – I carabinieri di Castelnovo Monti sono partiti alle 3 della notte alla volta del Bresciano. Alle 6, assieme ai colleghi lombardi, sono entrati in azione. Nove le misure cautelari da eseguire.
In carcere è finita la 35enne albanese Liljana Shoshari, residente a Rezzato: è considerata il capo dell’organizzazione che sfruttava prostitute e smerciava stupefacenti, anche se a volte esercitava in prima persona; domiciliari per l’autista delle ragazze, il 61enne calabrese Ludovico Ratta, residente a Reggio Emilia; per la 38enne rumena Ionica Paun, residente anche lei a Rezzato e che nella banda aveva il compito di cercare le postazioni migliori sulle strade per le ragazze; manette anche per il 27enne albanese Emiljano Osmani, un senza fissa dimora compagno della Shoshari che si sarebbe dedicato al controllo delle giovani.
Le altre cinque persone sono latitanti. Gli inquirenti ritengono si trovino all’estero e sarebbero già state individuate; al riguardo, si sta muovendo l’Interpol. In tutto, però, gli indagati sono 21: nel gruppo anche un paio di reggiani. Adesso bisogna capire chi abbia dato supporto all’associazione a delinquere nell’utilizzo anche di qualche appartamento.
Il quadro principale per ora è ambientato in strada a Reggio Emilia, più precisamente sulla via Emilia al confine con Parma dove la prostituzione parla albanese. Nelle carte emerge lo sfruttamento di una decina di ragazze tra i 20 e i 30 anni, ma i carabinieri sono sicuri che i numeri siano più alti e non escludono il coinvolgimento di qualche minorenne.
Le giovani venivano fatte arrivare dall’Albania o dalla Romania a Brescia. Da lì, almeno una volta al giorno ma più spesso due o tre, venivano portate a Reggio Emilia e poi recuperate. Assieme o in alternativa a loro, viaggiavano verso la nostra provincia chili e chili di cocaina. “Ognuno aveva compiti ben precisi – ha spiegato Josè Ghisilieri, comandante della compagnia carabinieri di Castelnovo Monti – Erano in grado di fare centinaia di chilometri al giorno”.
La richiesta di ragazze e droga era altissima. L’operazione è stata chiamata Telepass perché la Shoshari usava accodarsi alle auto munite del telecomandino per non pagare il pedaggio al casello. “Erano spregiudicati – ha aggiunto il comandante dei carabinieri castelnovesi – tenevano liberamente i contatti col territorio e coi clienti”. I suoi uomini hanno iniziato a lavorare a questa inchiesta nel 2016, al termine di un’altra maxi operazione antidroga in val d’Enza. Uno degli arrestati, Leonard Keci, si riforniva da una coppia di connazionali: la Shoshari e Osmani. Sono seguiti sei mesi di intercettazioni, appostamenti, rilievi tecnici, tempo per analizzare la mole di documentazione, poi il sostituto procuratore Giulia Stignani ha chiesto e ottenuto dal gip l’autorizzazione delle misure cautelari scattate stamane.
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