REGGIO EMILIA – L’11 settembre la Cassazione aveva messo la parola fine al processo Grimilde sulle infiltrazioni ‘ndranghetistiche a Brescello, con rito ordinario, confermando le condanne inflitte dalla Corte d’Appello.
Nei giorni scorsi sono state depositate le motivazioni con cui la Suprema Corte, presieduta da Rosa Pezzullo, ha dichiarato inammissibili i ricorsi del boss Francesco Grande Aracri (condannato a 24 anni), di Antonio Rizzo e Nunzio Giordano e ha rigettato quelli dei due imprenditori edili di Cadelbosco Sopra, padre e figlio, Domenico e Gaetano Oppido. Sono stati tutti condannati anche al pagamento delle spese processuali e al risarcimento delle spese sostenute dalla parti civili, tra cui i Comuni di Reggio, Cadelbosco e Brescello, la Regione Emilia Romagna e la Cgil. Prescritta la posizione di Salvatore Caschetto.
La Corte ha definito “indeducibili e infondati” i motivi dei ricorsi. “A fronte di un rilevante materiale probatorio riguardo l’esistenza del sodalizio mafioso in Emilia – scrive ancora – dello stabile inserimento di Francesco Grande Aracri, e del significativo contributo da lui offerto, la difesa si limita a offrire argomenti manifestamente infondati”.














