Buongiorno. Il giorno 10 molti dei vostri figli sono andati a scuola e non mi hanno trovata. Ero in sciopero. E siccome le sigle sindacali non hanno ritenuto opportuno indire nessuna manifestazione in regione, oggi scrivo per farvi sapere perché.
L’obbligo vaccinale non c’entra, tanto vale chiarirlo subito: io sono una vax, convinta al 99% forse, ma convinta soprattutto di una cosa: il vaccino è l’unica soluzione esistente che può salvare i nostri ragazzi dalla depressione e la nostra società da un regresso economico e culturale di almeno 3 secoli. Se fra 10 o 20 anni sarò morta in seguito a questa scelta, io l’avrò fatto per dare un presente e un futuro alle persone che conosco e tra cui vivo da quando sono nata. Se non c’è altra via d’uscita, c’è qualche ragione più valida per morire?
Perché sciopero allora? E perché mi rivolgo proprio a voi, genitori dei miei ragazzi?
Perché cerco la vostra alleanza. Perché sono stanca di essere sottostimata. Perché noi insegnanti aspettiamo il rinnovo del contratto e tra il nostro stipendio e quello degli altri settori del pubblico impiego esiste una forbice retributiva di 350 euro. Perché per presidi e politici locali gli aumenti ci sono stati e ben più consistenti! Certo, i Dirigenti Scolastici lavorano tantissimo, probabilmente il doppio o il triplo di quel che facevano negli ‘80 o ‘90. Ma la mole di lavoro, senza un orario, in smart working no-limit da almeno 15 anni non è certamente minore per noi e soprattutto è spesso lavoro burocratico e improduttivo. Informatevi a dovere, se non ci credete: fatevi spiegare da qualsiasi insegnante.
Io, ho scelto di fare questo lavoro per alzare il livello culturale generale e soprattutto delle giovani generazioni, sfidate senza precedenti da un mondo in rapidissimo cambiamento e da un mondo del lavoro globale e ormai completamente fuori dal controllo delle istituzioni statali. Ho scelto di essere un’insegnante per insegnare, per rimanere aggiornata, per fornire strumenti, per alimentare dibattiti, non per compilare moduli che il più delle volte servono a deresponsabilizzare e giustificare il mio lavoro nello spettro costante di una denuncia da parte di qualche genitore deluso. Non siete contenti della nostra professionalità? Pagateci degli aggiornamenti. Pensate che i programmi scolastici siano a volte troppo poco aggiornati? Apriamo un dibattito e aggiorniamoli, per quanto possibile in un mondo che cambia rapidissimamente ma ripropone allo stesso tempo anche vecchie ed eterne sfide: identità della persona, capacità di dialogo e comprensione delle istanze altrui, focalizzazione dei problemi, capacità di risposte originali a problemi nuovi.
Soprattutto, perdonate la franchezza, non fatevi ingannare: non è della promozione che hanno bisogno i vostri, i nostri figli, ma di un progresso prima di tutto formativo e poi culturale. Oggi, anche chi sa e sa fare ha un modesto peso contrattuale, figuriamoci chi è privo di strumenti, per lavorare sì, ma anche per cambiare quando è necessario, e per opporsi in maniera consapevole, per non farsi schiacciare dal sistema. Nell’unico aureo momento storico in cui questo Paese si è aperto ad una certa mobilità sociale, gli anni ‘60-90, è stata la scuola il volano di quel cambiamento. La scuola pubblica, gratuita, seria, motivante, meritocratica. Certo, la società non è più la stessa, i problemi sociali sono enormi: non può essere la scuola a risolverli tutti, e men che meno una scuola a tempo breve, senza risorse, senza spazi, senza mezzi e senza regole. Se questa scuola diverrà un mero parcheggio, apriranno le scuole private, a pagamento, per chi davvero vuole imparare a contare qualcosa.
Cosa fa lo Stato per i nostri figli? Li accetta tutti, certo, senza distinzione e senza regole, li sistema in classi di 30, li parcheggia per 8/13 anni in scuole dove, al grido di <<inclusione>> non si impara più niente e poi li espelle, come pericolosi missili di cui disfarsi, il prima possibile, a qualsiasi costo, qualsiasi cosa sappiano o non sappiano fare. L’importante è non alimentare polemiche e risparmiare.
Certo, <<l’inclusione>> è un altro tema. Ma l’inclusione non si fa coi buoni sentimenti, firmando piani educativi che resteranno in gran parte disattesi per mancanza di tempo scuola, spazi, strumenti, risorse. L’inclusione non si fa se tutti i genitori ritengono che i loro figli abbiano tutti i diritti ad essere inclusi e nessun dovere nei confronti della comunità scolastica. L’inclusione si fa nella scuola giusta, nella classe giusta e con i mezzi necessari, con insegnanti pagati e motivati che possono permettersi anche di dire <<no>> a qualche genitore, se il genitore si fida di loro e partecipa.
Un alunno bocciato costa più di 7000 euro allo stato, che deve di nuovo pagargli il corso di studi annuale. Un alunno invece, che avrebbe magari bisogno di un costoso intervento a livello dei servizi sociali, che resta in classe e non permette agli altri 29 di imparare o li bullizza, non costa niente.
Quali provvedimenti sta mettendo in atto lo stato per risolvere una crisi sociale devastante, peggiorata dalla pandemia? Accorcia i percorsi liceali da 5 a 4 anni, priva le famiglie della possibilità di riorientare i ragazzi che abbiano sbagliato scuola, elimina gli scritti alla maturità. Se i nostri figli non sapranno scrivere, difendersi e proporre soluzioni nei consigli d’amministrazione, nelle riunioni sindacali, nei consigli comunali o di condominio, sui social e nei tribunali, non sarà più un problema della scuola, ma un problema loro. Abbassare il livello generale delle competenze trasferite non è inclusione, è frode.
Ecco perché oggi ho rinunciato a una giornata di stipendio e ho deciso di privare di preziosissimo tempo formativo i miei studenti: per richiamare la vostra attenzione sui veri diritti dei nostri giovani, sull’importanza della scuola e sul ruolo degli insegnanti che non sono segretari, ma persone preposte a trasferire riflessione educativa e cultura. Se gli insegnanti e i genitori che ancora credono nell’educazione sapranno allearsi, magari anche dialogare a livello istituzionale, magari anche scendere in piazza insieme la prossima volta, lo stato dovrà considerare, oltre che il benessere sociale e psicologico dei giovani nelle sedi opportune, anche gli apprendimenti scolastici dei nostri giovani come una priorità. Altrimenti farà come ha sempre fatto negli ultimi 15 anni: vi dirà che i peggiori nemici dei vostri figli siamo noi insegnanti, obsoleti, arroganti e pigri e qualcuno dai social applaudirà.
A.G.
(lettera firmata)