REGGIO EMILIA – Per gli industriali reggiani “Succede quando l’economia rallenta” e il futuro occupazionale nella manifattura non sembra più un porto sicuro. La scelta delle 4424 famiglie che hanno iscritto i figli in prima superiore sembra aumentare la frattura tra scuola e mondo del lavoro. Sono sempre di più le figure professionali che le imprese non trovano sul mercato, ma cresce anche la sfiducia dei giovani che hanno uno sbocco lavorativo soddisfacente rispetto al percorso di studi fatto, alle loro aspettative o semplicemnte alla retribuzione attesa. Di sicuro, c’è che Reggio Emilia con il 40,6% dei ragazzi che ha scelto un liceo, l’anno scorso quando era avvenuto il primo sorpasso sui tecnici, erano il 38,5%, si avvicina al dato nazionale che vede l’istruzione liceale scelta dalla metà degli studenti. Una tendenza, con i tecnici passati dal 38,4 al 34,3%, che preoccupa in un territorio a forte vocazione manifatturiera da contrastare con l’orientamento.
Come detto però, il confronto è aperto e ci sono anche voci fuori dal coro. Paolo Iannini, Direttore dell’Agenzia regionale per il lavoro, invita a riflettere sulle trasformazioni che segneranno nei prossimi anni il mondo della produzione industriale e sull’importanza di avere solide basi culturali.
Posizioni diverse che trovano un parziale sintesi nella riforma della formazione tecnica e professionale. Nel reggiano ancora nessun istituto ha attivato corsi quadriennali, in particolare in ambito tecnologico, e sono pochi – solo 224 gli studenti – quelli che post diploma hanno scelto di frequentare un ITS. Il cosiddetto corso di studi 4+2.
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