REGGIO EMILIA – Il segno tangibile di una prima campanella che suonerà in un contesto di normalità sarà l’assenza delle mascherine. Le dovranno indossare però gli alunni e il personale scolastico che rientrano in categorie cosiddette a rischio. Niente misure di distanziamento, poi, né orari diversificati. Scompare inoltre la didattica a distanza.
Tra le novità, l’inserimento, tra i maestri e le maestre delle scuole elementari, dei docenti con specializzazione in educazione fisica, materia che insegneranno agli alunni delle quinte. Complessivamente, sul nostro territorio, considerando gli ordini di scuola dalle elementari alle superiori, l’avvio delle lezioni coinvolge 60.512 iscritti. Un dato, riferito alle scuole statali, che è inferiore dell’1,8% rispetto a un anno fa quando al rientro dalle vacanze si erano contati 61.642 studenti.
E’ l’effetto del calo delle nascite, e della diminuzione di arrivi di cittadini stranieri. Il fenomeno comincia a coinvolgere, dopo avere interessato già negli scorsi anni le medie, anche le secondarie di secondo grado. Immutati, in sostanza, restano i numeri degli organici, aspetto questo che porta benefici dal punto di vista del sovraffollamento delle classi. Tant’è che la media di alunni in ogni aula passa dal dato di 21,1 a quello di 21,3.
“Tutti in cattedra a settembre” è stato un po’ lo slogan del ministro Patrizio Bianchi. E in effetti ha dato i suoi frutti il sistema informatico adottato per il secondo anno di fila per il reclutamento dei docenti. Su oltre 2mila cattedre vacanti che dovevano essere assegnate nella nostra provincia, ne restano scoperte meno del 10%. Circa 150 insegnanti oggetto di chiamate in questi giorni da parte delle segreterie che devono scorrere il solito ginepraio di graduatorie.
Resta il rammarico dei sindacati che lamentano l’impossibilità di coprire tutti i posti delle potenziali immissioni in ruolo. Per la categoria del sostegno, ad esempio, il bacino disponibile era di 255 posti, soltanto 145 sono state le nomine di insegnanti che hanno potuto sottoscrivere contratti a tempo indeterminato. Questo per via – spiegano le principali sigle – dell’annoso problema di procedure concorsuali e percorsi abilitanti che non rispettano le reali esigenze del mondo della scuola.
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