REGGIO EMILIA – “La Specola voleva mostrare come scienza e fede possono collaborare insieme, possono aiutarci a camminare e ricercare la verità”. Così don Matteo Galaverni, astrofisico reggiano della Specola Vaticana.
C’è un solo luogo al mondo in cui scienza e fede cercano di convivere e di superare le secolari contrapposizioni. E’ ad alcuni km da Roma, sulle colline che circondano il lago Albano: Castel Gandolfo, un tempo residenza estiva del Papa. Qui, nelle ville pontificie ha sede l’osservatorio astronomico della Specola Vaticana, fondato nel 1891. Il gruppo dell’associazione Reggio Emilia Astronomia ha visitato in anteprima un percorso che conduce attraverso la storia dell’astronomia. La guida: il reggiano don Matteo Galaverni, astrofisco e studioso di cosmologia. Il sacerdote ha seguito le orme di un altro reggiano, padre Angelo Secchi, fondatore nel 1800 dell’astrofisica. “Siamo nei suoi luoghi, dove lui ha lavorato e ha prodotto quella cosa così bella che è la prima classificazione delle stelle, analizzando 4 mila stelle e cogliendo il plauso internazionale per il suo tipo di lavoro. Mai era stata fatta una cosa del genere”, sottolinea Ivan Spelti, presidente di Reggio Emilia Astronomia.
Sotto le cupole di Castel Gandolfo ci sono telescopi che hanno mappato il cielo, esplorato galassie, indagato il sole e le stelle variabili. Apparecchiature che da 30 anni non vengono più usate per scopi scientifici, sostituite dall’osservatorio di Tucson, in Arizona, a 3mila metri di altezza. Qui la ricerca si fa con i dati dei satelliti ma si fa anche con i giovani dottorandi che arrivano dalle università di tutto il mondo. Qui gli uomini di scienza e di fede continuano a porsi domande. “E’ una scuola di umiltà, guardando l’universo, che ridimensiona i nostri principi di voler essere troppo importanti e troppo grandi. E’ qualcosa che ci fa vedere anche più serenamente la nostra vita e la nostra esistenza”.
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