REGGIO EMILIA – Il nuovo tariffario ambulatoriale, aggiornato per la prima volta dal 1996, si sta rivelando un’amara beffa per la sanità pubblica e per il privato accreditato. Il tariffario stabilisce le somme riconosciute dallo Stato alle strutture sanitarie pubbliche e a quelle private accreditate per le visite specialistiche e gli esami diagnostici.
Gli operatori del settore si aspettavano, dopo quasi 30 anni, un ritocco verso l’alto dei corrispettivi. E invece il Governo ha tagliato le tariffe tra il 25 e il 35%, soprattutto per Tac, risonanza magnetica e interventi di cataratta. Il nuovo tariffario entrerà in vigore il 1° gennaio. I cittadini spenderanno tanto come prima, ma secondo Fabrizio Franzini, presidente provinciale di Aiop, l’associazione che riunisce le strutture del privato convenzionato, queste misure causeranno un drastico calo dell’offerta di prestazioni del servizio sanitario.
Per un verso, spiega il presidente di Villa Verde, non si può pensare che il privato accreditato lavori in perdita. Ma c’è un altro motivo: molti professionisti della sanità potrebbero essere indotti a lavorare solo privatamente. Prendiamo il caso dei 23 euro per le visite specialistiche. “Su questi 23 euro al medico ne vanno 8, che è meno del salario minimo di cui si sta discutendo”, ha spiegato Franzini.
Nel privato non convenzionato difficilmente si scende sotto i 100 euro “e quindi a questo punto il medico sceglie di lavorare privatamente. Il danno maggiore lo hanno i cittadini, perché avranno molte meno prestazioni”. Il tariffario viene deciso a livello nazionale. In passato, però, la Regione aveva dialogato con le strutture convenzionate e integrato i corrispettivi sulla base delle peculiarità territoriali. “Questo stranamente non è stato fatto – ha aggiunto Franzini – ed è uscita questa delibera di accettazione del tariffario nazionale da parte della Regione”.
I margini per rimediare forse ci sono ancora, ma non sarà facile: “In questa vicenda ci rimette la sanità pubblica, ci rimette il privato accreditato e ci rimettono i cittadini. Chi ci guadagna? Forse risparmierà lo Stato, ma è un gioco a perdere per tutti”.
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