REGGIO EMILIA – La sanità reggiana vive una delicata fase di passaggio. Il direttore generale dell’Ausl Cristina Marchesi andrà in pensione il 31 gennaio e tra i sindaci della provincia non sono pochi coloro che chiedono un segnale di discontinuità. In alcuni il desiderio di un cambio di rotta si spinge fino al punto da auspicare la nomina di un nuovo direttore generale proveniente da fuori provincia, da un’altra azienda sanitaria. Se questo fosse l’esito, sarebbe una svolta storica per l’azienda sanitaria reggiana, che per un quarto di secolo, attraverso le gestioni di Mariella Martini, Fausto Nicolini e Cristina Marchesi, si è fatta un vanto di essere in grado di formare al proprio interno manager di alto profilo. Il 7 maggio 2019, ospite di Decoder, l’allora direttore generale Nicolini si espresse in questi termini: “Quello di cui parlo sempre è che c’è stata una continuità di direzione. La squadra che è partita 20 anni fa si è passata il testimone. In altri territori succede che chi arriva dopo, distrugge ciò che è stato fatto prima. A Reggio non è accaduto“.
La nuova giunta regionale di Michele De Pascale, naturalmente portata ad innovare, potrebbe favorire questo sbocco.
Siamo davvero a questo punto? Se si avvicina la lente, le cose appaiono in una luce in parte diversa. Intanto il giudizio sul lavoro della Marchesi è generalmente positivo, per le capacità di gestione dimostrate e per la condivisione delle scelte. Ma il contesto in cui ha operato è stato caratterizzato dalla scarsità di risorse, dalle crescenti difficoltà del bilancio regionale e dalla necessità di riorganizzare i servizi. Proprio la riorganizzazione che ha investito gli ospedali del territorio ha suscitato reazioni e mal di pancia.
Le maggiori sofferenze si sono coagulate nel distretto di Scandiano; una porzione del territorio politicamente importante, che esprime il presidente della Provincia, un assessore regionale e un parlamentare. Gli amministratori sono naturalmente sensibili agli umori delle loro comunità e se ne fanno interpreti, anche se sono consapevoli che gli ospedali generalisti di provincia di 20-30 anni fa non torneranno più.
Altrove, come nei distretti di Correggio, Montecchio e Guastalla, la voglia di discontinuità è assai più debole. E a Reggio? Qui c’è un tema di prospettiva, dell’individuazione di un progetto che vada oltre la gestione ordinaria. Proveremo ad approfondirlo in un prossimo servizio.