NOVELLARA (Reggio Emilia) – Hanno fatto fronte comune. Non hanno ucciso la figlia, non hanno visto nulla, piangono da quando hanno saputo che Saman non c’è più. I genitori della 18enne di Novellara uccisa la sera del 30 aprile 2021, entrambi condannati all’ergastolo in primo grado come presunti mandanti del delitto, hanno reso spontanee dichiarazioni nell’aula bolognese nella quale da fine febbraio si sta svolgendo l’appello del processo per l’omicidio della ragazza.
Se Shabbar Abbas aveva già riferito la sua verità, è stata la prima volta in cui la voce di Nazia Shaheen è riecheggiata in un’aula di giustizia italiana. “Non ho ucciso sua figlia – ha detto la madre – Quella sera l’ho vista incamminarsi velocemente nel vialetto davanti a me e poi sparire. Tornata in casa, ho pianto. Non ho visto nessuno: né lo zio né i cugini, altrimenti avrei fermato l’aggressione“.
Arrestata in Pakistan ed estradata la scorsa estate, nonostante una latitanza durata anni Nazia ha detto in aula: “Ho insistito per tornare in Italia, per dire la verità. Sembro in vita ma sono morta e piangerò fino alla mia morte – ha detto la donna, in lacrime anche nell’aula bolognese – La nostra partenza per il Pakistan era in programma, Shabbar sarebbe dovuto tornare dopo una settimana; una volta là, una persona ci ha detto che Saman non si trovava più. Quella sera voleva tornare in comunità, io e mio marito la pregavamo di rimanere. Le ho dato 200 euro perchè voleva comprarsi un cellulare”. Un racconto, quindi, che contraddice in gran parte quello del figlio minore, teste principale dell’accusa. “Voglio vederlo”, ha detto la donna.
Un racconto che il marito, sempre tramite spontanee dichiarazioni, ha confermato: “Abbiamo fatto molta fatica a crescere i nostri figli. Ho forte dolore, lo avrò per tutta la vita. Quella sera ho sentito una chiamata di Saman dal bagno, diceva ‘vieni a prendermi’, pensavo fosse il ragazzo con cui stava e per quello chiamai Danish per dirgli: fatevi trovare per dargli una lezione, ma non picchiatelo troppo. Uscii di casa per vedere che non facessero qualcosa di grave, ma non ho visto nessuno, non ho sentito nessuna voce”.
La prossima settimana verrà risentito il perito forense che ha analizzato il terreno dentro e attorno alla fossa dentro cui il corpo di Saman è rimasto un anno e mezzo. La sentenza è attesa entro il 18 aprile.
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