REGGIO EMILIA – Matteo Salvini, in visita elettorale a Reggio, dice ai cronisti che non gli interessa se il consorzio edile guidato da Roberto Salati, coordinatore provinciale della Lega, già candidato sindaco, oggi ricandidato per il Consiglio comunale, ha ricevuto una interdittiva antimafia dalla Prefettura. Il consorzio Edilgest viene considerato a rischio di condizionamento mafioso, ma al leader della Lega non importa perché non dà peso, ha detto testualmente, “ai sospetti, alle dicerie e alle voci”.

Matteo Salvini con il candidato sindaco del centrodestra Giovanni Tarquini e con il segretario provinciale e capolista della Lega Roberto Salati
Parole sorprendenti da parte di un membro del Governo. Tanto più sorprendenti da parte di un ex ministro dell’Interno, visto che le interdittive antimafia sono firmate dai Prefetti, che fanno capo proprio al Ministero dell’Interno. E in quanto ministro, Salvini sa che le interdittive non sono basate sulle dicerie, ma sulle banche dati e sugli accertamenti delle forze dell’ordine.
Si verifica dunque questa situazione paradossale. Un’impresa destinataria di interdittiva non può concorrere ad appalti pubblici e, a Reggio, non può lavorare neppure nell’edilizia privata. La persona fisica colpita da interdittiva non può aprire un bar o una tabaccheria. Se è associato alla Cna, l’imprenditore interdetto o escluso dalla white list viene immediatamente sospeso. Ma se si candida alle elezioni per amministrare la cosa pubblica, non ci si ferma neppure un attimo a chiedersi se la cosa sia opportuna.
Da diversi anni, dall’operazione Aemilia del 2015, ci sentiamo dire spesso, fra solenni impegni e rulli di tamburi, che “non bisogna abbassare la guardia” (dicono così). Ma quando dai rulli di tamburi e dalle parole si passa ai fatti, almeno in politica la guardia è spesso piuttosto bassa, quasi a terra.
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