BORETTO (Reggio Emilia) – Potrebbero appartenere a Saman Abbas i frammenti ossei che sono stati ritrovati al Lido Po: parti di una calotta cranica inviate al Ris di Parma per gli accertamenti, che potrebbero rappresentare una traccia della 18enne pakistana scomparsa dalla sua abitazione di Novellara.
Di lei non si hanno più notizie dalla notte tra il 30 aprile e il primo maggio scorsi. Gli inquirenti ritengono che sia stata uccisa dalla famiglia, dopo aver rifiutato un matrimonio combinato. Le ricerche del corpo della ragazza erano proseguite fino a luglio tra le coltivazioni di cocomere dell’azienda agricola Bartoli, per la quale gli Abbas lavoravano, oltre che nei casolari e nei canali della zona.
Il 3 novembre i carabinieri sono stati allertati da un cittadino che al Lido Po aveva ritrovato i resti, restituiti dal Grande Fiume. Il materiale è stato immediatamente sequestrato. Prima di tutto, occorre capire la natura ovvero se si tratta di resti umani. Il sostituto procuratore Laura Galli, titolare dell’inchiesta sull’omicidio di Saman, ha poi disposto l’esame specialistico sul Dna e la comparazione con il materiale genetico della 18enne. Serviranno ancora alcune settimane per avere i risultati. Le ricerche si erano concentrate nei paesi lungo il Po, dopo che il fratello della ragazza, nell’incidente probatorio, aveva raccontato di aver sentito un cugino parlare di “farla a piccoli pezzi” e “buttarla a Guastalla dove c’è un fiume”.
Sono cinque gli indagati con le accuse in concorso di omicidio premeditato, sequestro di persona e occultamento di cadavere: lo zio Danish Hasnain, ritenuto l’esecutore materiale del delitto, arrestato in Francia il 22 settembre scorso e in attesa di estradizione; il cugino Ikram Ijaz, in carcere a Reggio; è invece latitante l’altro cugino, Nomanhulaq Nomanhulaq, così come lo sono i genitori di Saman, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, volati in Pakistan il primo maggio.
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