REGGIO EMILIA – “Un rito sciamanico non coincide con l’assunzione di sostanze psicotrope come ayahuasca o peyote”. Massimo Bertelli è uno studioso di sciamanesimo conosciuto a livello nazionale: si fa chiamare Qhawana, che in lingua Quechia, la lingua dei popoli andini, significa “colui che vede oltre”. E’ lui che da diversi anni, in estate, tiene sulla Pietra di Bismantova il rito del Cerchio Sciamanico. Un mondo quello dello sciamanesimo portato sotto i riflettori dal fatto di cronaca avvenuto in provincia di Treviso dove nei giorni scorsi un giovane che aveva partecipato a un rito in cui si sarebbe consumata una sostanza allucinogena, è stato trovato morto: l’ipotesi è che sia stato picchiato e poi gettato nel Piave. Bertelli mette in guardia l’opinione pubblica dalle facili generalizzazioni. “Mi dissocio completamente. Associare direttamente l’uso di queste piante allo sciamanesimo non è corretto. Spesso queste sostanze vengono usate con scopi ricreativi, prendendo la spiritualità della cosa”.
Come avvengono i riti sciamanici svolti sulla Pietra di Bismantova? “Le persone sono state fatte sdraiare con una benda sugli occhi e accompagnate dal suono del tamburo, hanno fatto una meditazione guidata in cui le ho sostenute per attingere alle informazioni del mondo invisibile”.
Questi appuntamenti sono stati promossi dalla associazione di promozione sociale “You are” con sede in città, presieduta da Massimo Dallaglio: “L’associazione è nata cinque-sei anni fa e si occupa di crescita personale attraverso conferenze, workshop e seminari per gli associati”.
L’associazione sta lavorando anche a un documentario in uscita in autunno sulla spiritualità della Pietra di Bismantova, punto di riferimento di riti pagani in epoca pre cristiana.
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