RIO SALICETO (Reggio Emilia) – Il 30 marzo scorso l’amministratore delegato della Manifattura Riese, Andrea Corradini, firmava il bilancio 2020 dell’azienda redatto secondo il presupposto della continuità aziendale.
In considerazione, scriveva, “del miglioramento della posizione finanziaria netta nei primi mesi del 2021” per cui “la realizzazione degli obiettivi previsti nel budget è stata ritenuta ragionevolmente raggiungibile”. Meno di un mese dopo, il 26 aprile, l’azionista di controllo, il Fondo Consilium, cedeva il suo 80% delle quote alla Fiduciaria Luchi che il 29 aprile, tre giorni dopo aver acquisito l’azienda, ne decideva la messa in liquidazione davanti a un notaio di Rozzano, nel Milanese, e il licenziamento degli 82 dipendenti.
I lavoratori della ex Navigare hanno sfilato per le vie di Rio Saliceto per denunciare il comportamento degli azionisti, a partire da quelli che si nascondono dietro lo schermo della Fiduciaria Luchi, che stanno disertando gli incontri convocati dal Ministero dello Sviluppo economico e dalla Regione.
Cosa è successo in quelle settimane cruciali di aprile? Difficile dirlo. I documenti societari descrivono una situazione in chiaroscuro. I ricavi nel 2020 erano scesi a 17,7 milioni, non per cause strutturali ma per effetto della chiusura dei negozi dovuta al lockdown e dell’annullamento di ordini già in portafoglio. Il disavanzo 2020 è stato di quasi 2 milioni, ma la Manifattura Riese aveva realizzato utili per 1,3 milioni nel 2019 e per 900mila euro nel 2018. Una situazione complessa, ma non disperata. Tanto che l’attività del 2021 era già finanziata grazie a un prestito di 5 milioni di euro assistito dal fondo di garanzia del Mediocredito Centrale.
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