REGGIO EMILIA – Figlio di un avvocato, Liborio Cataliotti fin da ragazzo non ha desiderato altro che diventare a sua volta avvocato. Di recente gli è stato proposto di fare il magistrato di Cassazione. Ma di passare dall’altra parte, di vestire la toga del giudice, non se la sente. “Giudicare il prossimo – dice -, commisurare una pena, sancire la colpevolezza o l’innocenza, è davvero difficile, quindi non invidio i magistrati”.
Nella sua carriera Cataliotti ha affrontato numerosi processi di forte impatto mediatico, a partire da quello a Vanna Marchi. Oggi difende ancora la figlia Stefania Nobile e il suo ex compagno Davide Lacerenza in una vicenda che è finita sulle prime pagine. Ma i clienti si scelgono? “Magari si potessero scegliere. Il rapporto fra avvocato e cliente è un matrimonio innaturale in cui si viene scelti, ma non si sceglie”, afferma.
Le difficoltà e le storture del sistema giudiziario sono note, ma secondo Cataliotti bisogna credere nella giustizia. “Come si fa a non crederci? E’ lenta la giustizia, però arriva”. La distorsione più grave del sistema, secondo Cataliotti, consiste nel fatto che pochi detenuti sono stati condannati, molti sono in attesa di processo.
Se gli si chiede un giudizio sulla riforma Nordio, Cataliotti risponde che a suo avviso i principi ispiratori sono giusti. “Poi però se vado a vedere tecnicamente la riforma, se la scrivessi io, la stravolgerei”.
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