REGGIOLO (Reggio Emilia) – Raffaele e Giuseppe Todaro restano in carcere, ma la loro posizione si alleggerisce decisamente: il tribunale del Riesame di Brescia, davanti al quale gli avvocati Vito Pellegrino e Giuseppe Migale Ranieri martedì avevano presentato ricorso, ha escluso l’aggravante mafiosa a carico di padre e figlio, rispettivamente imprenditore e architetto, tra i 17 indagati nell’inchiesta Sisma della procura distrettuale antimafia di Brescia.
La procura lombarda, la cui indagine tocca anche Veneto e Calabria oltre a Emilia Romagna e, appunto, Lombardia, considera il 36enne la figura centrale dell’inchiesta: l’architetto, il cui nonno materno era Antonio Dragone, capo della cosca di ‘ndrangheta rivale di quella dei Grande Aracri ucciso in un agguato di mafia a Cutro, avrebbe messo in piedi “un sistema corruttivo per facilitare la concessione di contributi pubblici destinati alla ricostruzione post sisma del 2012”. Così dicevano i carabinieri di Mantova il 10 gennaio scorso, e lo avrebbe fatto “per favorire la cosca di ‘ndrangheta dei Dragone”, elemento quest’ultimo che il Riesame ha fatto decadere.
Giuseppe Todaro, dal 2014 al 2021, è stato il tecnico esterno incaricato di istruire le pratiche per la ricostruzione di edifici privati in alcuni comuni del mantovano colpiti dal terremoto. Tra le ipotesi di reato c’è la concussione: la tesi degli inquirenti è che, per ricevere il contributo pubblico, i richiedenti dovessero affidare i lavori di costruzione a società riconducibili ai Todaro.
Dicevamo che rimane la stessa la misura cautelare a loro carico, il carcere, mentre sempre il Riesame di Brescia ha attenuato la misura per l’altro reggiano che figura tra gli indagati, il bancario di Guastalla di 46 anni Enrico Ferretti, promotore finanziario che secondo gli inquirenti avrebbe favorito le società di Todaro: anche lui, tramite il legale Vittorio Tria, si è sempre proclamato in questi giorni estraneo al contesto ‘ndranghetista, rigettando tutte le accuse. Ora, come chiesto dal legale la cui istanza è stata accolta, non è più agli arresti domiciliari. Ha però l’obbligo di firma in caserma due volte alla settimana.
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