REGGIO EMILIA – Il Tar dell’Emilia-Romagna ha respinto tre ricorsi presentati da un’impresa edile reggiana contro la Prefettura e il Comune di Reggio.
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La vicenda – un contenzioso amministrativo senza esclusione di colpi – era stata portata all’attenzione della pubblica opinione da TG Reggio il 12 novembre scorso. Da una parte un’impresa edile, RC Impianti Immobiliare, proprietaria di diversi terreni edificabili, colpita da interdittiva antimafia della Prefettura; dall’altra la stessa Prefettura, il Comune di Reggio, ma anche il Ministero dell’Interno, la Camera di commercio e l’Anac, l’autorità nazionale anticorruzione, responsabili – agli occhi della società – di una serie di atti illegittimi. All’origine di tutto c’è appunto l’interdittiva emessa a fine 2020 e il rigetto della domanda di iscrizione alla White List della Prefettura per il rischio di infiltrazione mafiosa a cui la ditta sarebbe esposta. Le quote della RC Impianti Immobiliare sono intestate per il 95% a Martin Capretta, 42 anni, di Reggio. Capretta è sposato con la figlia di Angelo Pantaleone Aracri, considerato dal Gruppo Interforze della Prefettura “contiguo alla cosca Grande Aracri”.
Sulla base della decisione della Prefettura, l’amministrazione comunale aveva bloccato un permesso di costruire per 6 appartamenti a Massenzatico, in via Beethoven, e un secondo permesso per la ricostruzione di un fabbricato rurale in via Giordano Bruno. Ne sono scaturiti tre ricorsi al Tar di Parma, con cui la società, che ha sede a Cella in via Goya, ha impugnato gli atti del Comune, il verbale del Gruppo Interforze, l’interdittiva della Prefettura e la nota con cui l’Autorità nazionale anticorruzione ne ha disposto l’inserimento nel Casellario informatico e altro ancora. Il Tar ha respinto tutti i ricorsi di RC Impianti Immobiliare, negando alla ditta la sospensione cautelare dei provvedimenti. In linea generale, le istanze sono state respinte perché l’informativa antimafia è stata giudicata motivata in modo esaustivo. Per tutti e tre i ricorsi la società è stata condannata al pagamento delle spese di lite.
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