BRESCELLO (Reggio Emilia) – “Arriva Fantuzzi e dice: perché dobbiamo utilizzare delle gru? Dobbiamo fare una macchina che è autosollevante”. “Trent’anni che si fa così”. “No, si deve fare”. “E nel giro di un anno siamo arrivati all’autosollevamento”.
Roberto Bolognesi e Daliso Torri hanno fatto un bel pezzo di strada insieme a Luciano Fantuzzi, l’imprenditore scomparso il 21 gennaio scorso. Bolognesi, alle Reggiane dal 1970, fu nominato direttore tecnico da Fantuzzi nel ’94. Torri, arrivato in azienda nell’80, divenne col tempo dirigente delle costruzioni esterne, cioè responsabile del montaggio delle macchine. Li incontriamo negli uffici della ex Fantuzzi di Lentigione, oggi filiale della multinazionale finlandese Konecranes.
Bolognesi e Torri ricordano bene l’arrivo di Fantuzzi al timone delle Reggiane, nel 1994. “Ci disse due cose – ricorda Bolognesi – Dovevamo essere la Mercedes delle gru. L’altra cosa: quando c’erano dei problemi si andava da lui e si risolvevano”.
“Aveva il pallino della meccanica, dell’ingegneria, dell’innovazione – aggiunge Torri – Con me, che seguivo le costruzioni esterne, ha sempre detto: noi siamo un’azienda a capacità illimitata”.
La valorizzazione delle professionalità interne e la spinta all’innovazione alimentano la crescita impetuosa del gruppo Fantuzzi Reggiane, che con oltre 4mila dipendenti in Italia, Germania e Cina insidia Zpmc, il gigante cinese delle gru portuali. Poi le difficoltà finanziarie e, da parte di Fantuzzi, la decisione sofferta di vendere al gruppo americano Terex.
In Bolognesi e Torri, che hanno frequentato Fantuzzi fino a pochi mesi prima della morte, c’è la convinzione che all’imprenditore non siano stati riconosciuti fino in fondo i meriti che ha avuto. “Dei brevetti del 2009 ancora oggi li stanno copiando e utilizzando tutti gli altri, perché ci siamo resi conto che i brevetti non valgono niente… ci hanno copiato tutto”. “Forse non eravamo in cima al mondo, ma sicuramente ci eravamo molto vicini. Con Fantuzzi abbiamo provato a fare concorrenza alla Zpmc”.
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