REGGIO EMILIA – L’autore, giornalista e conduttore televisivo Patrizio Roversi era in città per la commemorazione dell’eccidio delle Reggiane del 1943. Ha raccolto materiale per un documentario sulla storia che parte dal trattore R60. “Sono qui perché sono sulle tracce dell’R60, voglio ritrovare almeno un bullone dell’R60, questo mitico trattore che è stato fatto durante lo sciopero interminabile delle Officine Reggiane tra il ’50 e il ’51”.
E’ 1950: a fronte di un piano di 2100 licenziamenti inizia la più lunga occupazione di una fabbrica da parte degli operai della storia italiana. Una vicenda, secondo Patrizio Roversi, emblematica e attualissima. “Questi avevano fatto aerei da combattimento e armi fino alla fine della guerra. Volevano riconvertirsi per fare cose che servivano all’agricoltura, dei trattori, volevano andare avanti con una fabbrica meravigliosa e importante. Ma li hanno bloccati perché i progetti di sviluppo economico andavano più verso la Fiat di Agnelli, piuttosto che nei confronti di una fabbrica come le Reggiane piena di comunisti. Quindi sono stati abbandonati e licenziati. Loro non ci sono stati e hanno fatto uno sciopero infinito, che è diventato il simbolo delle lotte contemporanee di allora e fino adesso”.
L’autore e conduttore televisivo ha partecipato alla commemorazione dell’eccidio delle Officine Reggiane del 1943: la morte dei nove operai uccisi durante una manifestazione organizzata per chiedere la pace e la fine della guerra: “E’ una lezione che adesso è fondamentale su cosa voglia dire la lotta, la voglia di pace e di riconvertirsi ad una economia di pace (e abbiamo la guerra in testa). Vuole dire cercare il significato della programmazione economica e valutare le conseguenze che ha poi sulla vita della gente. Per dare una chiave per capire il presente questa storia è il massimo”.














