REGGIO EMILIA – Non si torna indietro, le ricette dei farmaci potranno ancora essere inviate via mail. Il decreto Milleproroghe conferma la misura sino a dicembre 2023. Una norma che era stata introdotta durante l’emergenza Covid per evitare gli assembramenti negli studi medici e in scadenza a fine anno.
In queste ore erano montate le proteste da parte dei sindacati dei medici, i farmacisti, le associazioni di pazienti a favore del rinnovo lo stesso sistema sanitario. Una misura legata alla ricette elettroniche non prevista nelle bozze del decreto e inserita in corsa per evitare che la burocrazia della carta, che attanaglia anche i medici di famiglia, tornasse a bussare agli ambulatori.
Per una prassi confermata restano inefficienze giudicate molto gravi, come il fatto che i medici reggiani non sono ancora oggi collegati telematicamente con gli ospedali. “Dopo 20 anni che lo segnaliamo, i medici sono ancora distaccati dagli ospedali e dai pronto soccorso, eppure il regolamento europeo lo consente – le parole di Euro Grassi, segretario provinciale della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale – Siamo nel 2022, eppure un medico ospedaliero non riesce a vedere le notizie indispensabili per un paziente in coma e magari lo uccide dandogli una medicina a cui è allergico perché non lo sa. Non è possibile che un medico di medicina generale debba trascrivere a mano tutto quello che gli arriva dall’ospedale sulla scheda del proprio paziente”.
Resta difficile, dunque, la situazione dei medici di famiglia anche nel Reggiano, ridotti del 20% per i pensionamenti e alle prese con centinaia di richieste ogni giorno. “Abbiamo 308 medici in burn out (una sindrome derivante da stress cronico associato al contesto lavorativo che non riesce a essere ben gestito) e stiamo cercando delle soluzioni con l’Ausl e, per questo, abbiamo attivato la guardia medica dalle 8 del sabato e dei prefestivi per cercare di farli risposare. La seconda mossa potrà essere solo quella di ridurre drasticamente la burocrazia in capo ai medici”, ha aggiunto Grassi.
Sulle liste d’attesa ancora da smaltire, eredità dei due anni di pandemia, Grassi propone che l’Ausl faccia convergere sul privato accreditato tutto il pregresso, in modo da liberare le forze della sanita pubblica per le nuove richieste di esami e visite.
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