BOLOGNA – Nel mercato del lavoro regionale, dove le donne sono presenti oltre la media italiana, la ripresa del 2021 in Emilia-Romagna si è tradotta soprattutto in un aumento delle ore lavorate per addetto, di oltre il 7%. L’occupazione è invece aumentata dello 0,6%, un incremento comunque insufficiente per riportare il numero di occupati ai livelli raggiunti prima della pandemia.
Le condizioni sul mercato del lavoro regionale sono comunque risultate in “graduale normalizzazione” nel 2021, dopo lo shock del 2020. Le ore di cassa integrazione, che avevano raggiunto livelli senza precedenti durante la pandemia, sono molto diminuite, pur rimanendo di più rispetto al 2019. Il tasso di disoccupazione è diminuito al 5,5%, un livello leggermente inferiore a quello del 2019.
È quanto emerge dal nuovo rapporto congiunturale sull’Emilia-Romagna diffuso oggi dalla sede territoriale della Banca d’Italia. La rimozione del blocco dei licenziamenti a partire da luglio 2021 non si è tradotta in un significativo incremento del tasso di licenziamento, nota Bankitalia nella sua indagine, che è risultato nella media del 2021 pari al 2,1% (3,3% nel 2019).
Il turnover dei lavoratori dipendenti è tornato su valori analoghi a quelli precedenti allo scoppio della pandemia, “un ulteriore segnale della normalizzazione delle condizioni sul mercato del lavoro regionale”, rileva la Banca d’Italia. E soprattutto, dunque, in regione il tasso di attività femminile (66,5%) è più alto nel confronto con il resto del paese (55,3%) e poco al di sotto rispetto a quello dell’area dell’euro (69%), per via anche dei servizi di cura per l’infanzia: in regione, nel 2019, i posti autorizzati in asili nido e servizi integrativi erano pari al 40,1% del numero di bambini nella fascia 0-2 anni, ossia l’incidenza regionale più alta dopo quella della Val d’Aosta.
Tutto questo ha contribuito a sostenere la crescita dei redditi delle famiglie (3% a valori costanti), che hanno recuperato gran parte della flessione dell’anno precedente (anche se per i più poveri pesano i rincari energetici) e quindi anche i consumi. Nel frattempo, i prestiti bancari alle famiglie sono aumentati del 4,9% e l’incremento, spiega Bankitalia, ha riguardato sia il credito al consumo sia soprattutto i mutui per l’acquisto di abitazioni, aumentati del 6,3% per via della ripresa delle compravendite immobiliari. L’incidenza del debito delle famiglie sul reddito disponibile è stata pari al 48,6%, inferiore al trend nazionale.
È proseguito anche il calo del numero di sportelli bancari in regione: alla fine del 2021 se ne contavano 50 ogni 100.000 abitanti (79 nel 2011), contro i 38 a livello nazionale. Ha invece continuato a espandersi l’utilizzo dei canali digitali nei rapporti tra le banche e i clienti: la quota di bonifici effettuati on line dalle famiglie è salita al 78,2% (era il 41,9 nel 2011). Anche grazie alle misure del Governo, poi, il tasso di deterioramento dei prestiti bancari a imprese e a famiglie si è fermato all’1%, “un livello storicamente basso e analogo a quello dell’anno precedente”, ricorda la Banca d’Italia. Ancora, nel 2021 sono aumentate le spese degli enti territoriali sia di parte corrente sia soprattutto come investimenti, cresciuti del 7,1%: tuttavia, la loro incidenza sul totale della spesa è molto bassa (meno di un decimo) e il livello ben al di sotto di quello precedente la crisi finanziaria del 2009. Le risorse per i progetti Pnrr dovrebbero poi tradursi nei prossimi anni in un’ulteriore crescita della spesa per investimenti pubblici locali: a fine maggio le risorse assegnate agli enti territoriali della regione superavano quota 3 miliardi, con focus nei settori trasporto rapido di massa, edilizia scolastica e riqualificazione urbana.
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