REGGIO EMILIA – Lo sviluppo della rete del teleriscaldamento, a partire dall’inizio degli anni Ottanta, fu uno degli elementi caratterizzanti dell’evoluzione di Reggio sul piano ambientale. La città, mentre cresceva per dimensioni e popolazione, si poneva l’obiettivo di contenere le emissioni inquinanti. Il teleriscaldamento, riducendo il numero dei camini e la quantità di anidride carbonica immessa nell’aria, forniva un contributo importante in questa direzione. Ai vantaggi ambientali si univano quelli economici, perchè chi è allacciato al teleriscaldamento risparmia le spese per l’acquisto e la manutenzione della caldaia e per la pulizia della canna fumaria. Il riscaldamento domestico e l’acqua calda vengono garantiti da centrali che producono energia termica.
Questo sistema virtuoso rischia di andare in crisi con tariffe del teleriscaldamento schizzate da 85 euro al MWh a 200 in poco più di un anno. A Reggio la produzione di calore avviene all’interno del Polo Energetico che comprende la centrale a ciclo combinato turbogas e la centrale Rete 2. Il calore prodotto viene poi trasportato alle singole utenze sotto forma di acqua calda attraverso una rete di distribuzione di oltre 220 chilometri, riscaldando quasi 14 milioni di metri cubi di volumetrie. I cittadini serviti sono più di 55mila. Il Polo Energetico, però, è interamente alimentato a gas naturale e l’impennata dei prezzi del gas ha avuto un effetto dirompente sui costi del servizio di teleriscaldamento.
Le tariffe non sono regolate da norme nazionali, ma vengono decise dagli operatori secondo il principio del “costo gas evitato”, cioè di quanto avrebbe speso il cliente utilizzando il gas metano. Nonostante lo scenario ricco di incognite, Iren nel suo piano strategico prevede per i prossimi anni 800 milioni di euro di investimenti per la manutenzione e lo sviluppo della rete del teleriscaldamento. Le volumetrie servite dovrebbero passare nel complesso da 99 a 124 milioni di metri cubi.
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