REGGIO EMILIA – “Ero in ufficio anche stamattina che non erano ancora le 7. Mi alzo alle 5. Sto lavorando a un progetto. Faccio disegni in continuazione”.
Era una forza della natura Luciano Fantuzzi. Nel 2019, alla bella età di 83 anni, negli studi di Decoder su Telereggio aveva raccontato le sue idee e i suoi progetti. E’ morto poche settimane dopo aver compiuto 86 anni.
Quella di Luciano Fantuzzi è stata una vita dedicata al lavoro. Figlio di un commerciante, era divorato dalla passione per la meccanica, i porti e la movimentazione delle merci. A Lentigione creò un’azienda – la Fantuzzi, appunto – che era un piccolo gioiello nel settore dei carrelli elevatori, ma il grande salto lo fece nel ’94, quando comprò le Reggiane dal gruppo pubblico Efim, riconvertendole alla produzione di gru portuali.
Seguirono dieci anni di successi. Incontrò capi di governo ed emiri, poi cominciarono i problemi. Commise anche degli errori, Fantuzzi, e non lo negava. Perse molti soldi acquistando azioni Bipop, poi si indebitò emettendo un bond da 125 milioni che alla scadenza non fu in grado di rimborsare.
Nel 2009 dovette vendere il gruppo Fantuzzi-Reggiane alla statunitense Terex, che cominciò subito a tagliare posti di lavoro e stabilimenti. Lo sfacelo delle vecchie Officine Reggiane lo aveva molto amareggiato. Aveva regalato al Comune di Reggio 5 capannoni e si sentiva in credito con la città, che a suo dire non gli riconosceva ciò che aveva fatto. Quelle aree, diceva, dovevano essere utilizzate per uno scopo preciso: “Realizzare siti per creare posti di lavoro: aziende, non sale da ballo o cose del genere. Debbono esserci attività produttive, debbono occupare personale”.
Almeno da questo punto di vista le sue speranze si stanno avverando.
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