REGGIO EMILIA – E’ morto questa mattina alle 5 al Santa Maria Nuova all’età di 90 anni don Ercole Artoni. Era ricoverato da prima di Natale. Una figura simbolo della storia reggiana.
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“Questa è stata la mia scelta: la scelta di dedicarmi completamente a fare il prete. A fare il prete sul serio con i poveri, con gli ammalati, con i sofferenti e con gli ultimi”.
A quella scelta, rievocata oltre 60 anni dopo negli studi di Decoder, don Ercole Artoni è rimasto sempre fedele. Era nato a Cerreto Alpi il 13 settembre 1930. Quinto di nove fratelli, quattro dei quali sono ancora in vita, cresciuto prima a Scandiano e poi a Cadè, a 16 anni entrò nel seminario di Albinea e nel ’56 fu ordinato sacerdote. Nel ’77 don Artoni fondò a Mancasale, dove era parroco, la comunità Papa Giovanni XXIII, accogliendo dapprima ex detenuti e pazienti dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario e poi tossicodipendenti. Un’esperienza che dovette a lungo dibattersi tra le difficoltà economiche e l’ostilità di molti reggiani. Nell’80 don Ercole si candidò come indipendente nelle liste del Pci e fu eletto in Sala del Tricolore. Una scelta che gli costò l’esclusione dalla comunità ecclesiale e rafforzò la sua fama di prete scomodo. Una definizione che il sacerdote non amava, anche se per alcuni quello ‘scomodo’ era un complimento.
“Se uno lo intende così, allora è vero. Ma tanti lo intendono in modo diverso: è scomodo, quindi sarebbe meglio che andasse da un’altra parte”.
Negli anni Ottanta don Artoni fu addirittura arrestato due volte: prima lo accusarono di tentata ricettazione, poi di aver coperto la fuga del killer Paolo Bellini. Accuse infondate, ‘angherie giudiziarie’, le definirà poi il sindaco di quegli anni Ugo Benassi, a cui il sacerdote era legato da profonda stima. Chi lo conosceva bene rimase incredulo quando, nel settembre 2018, a 88 anni, don Ercole fu messo ai domiciliari con l’accusa di avere minacciato il presidente del Tribunale Beretti. Una accusa dalla quale è stato assolto lo scorso 9 dicembre.
Di Reggio diceva che gli piaceva lo spirito di solidarietà di alcuni, mentre lo intristiva l’egoismo di altri.
“L’egoismo che affiora tante volte anche in persone che dicono di esser religiose. L’egoismo che è stato coltivato dal capitalismo, perché il capitalismo è la dottrina sociale attraverso la quale tu puoi ammassare tutti i beni che vuoi”.
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La morte di don Ercole Artoni priva la comunità reggiana di un pioniere della lotta alle tossicodipendenze.
La sua, assieme a quella di altri parroci reggiani, fu una stagione nella quale davanti alla tragedia del diffondersi dell’eroina la comunità reggiana tutta – il pubblico ma anche tanto, tantissimo privato sociale – non si limitò ad assistere impotente, ma provò a mettere in campo esperienze innovative e sperimentali per recuperare i giovani, per ridare loro dignità e una vita degna di essere vissuta.
Anche davanti all’emergere delle ludopatie la realtà creata da don Ercole non è rimasta con le mani in mano: anzi.
Studiando, approfondendo per primi il fenomeno, le donne e gli uomini della Papa Giovanni XXIII hanno svolto, affiancati dal Comune, un’opera meritoria di informazione e sensibilizzazione culturale a livello italiano, mentre decollavano sul suolo reggiano soluzioni pratiche e operative per portare a quelle persone e a quelle famiglie un po’ di sollievo e di ristoro.
La storia personale, non solo spirituale, di don Ercole è indubbiamente complessa e talvolta controversa, ma è indiscutibile che il suo impegno sia stato quello di di un protagonista importante della storia della città.
Per tutti questi motivi a nome mio personale e dell’Amministrazione comunale di Reggio Emilia esprimo ai tanti che in queste ore piangono la scomparsa di don Artoni il sentimento di partecipazione al lutto e di vicinanza.
Fabio Salati, presidente del Centro Sociale Papa Giovanni XXIII
Con grande tristezza la Cooperativa Papa Giovanni XXIII ha appreso questa mattina della morte di Don Ercole Artoni, fondatore della Papa Giovanni nel 1977 e figura di riferimento per tutti questi anni.
E’ accaduto purtroppo quello che temevamo, Don Ercole era ricoverato in ospedale da prima di Natale e oltre all’età (90 anni compiuti a settembre scorso), erano le sue condizioni di salute a preoccupare parecchio.
Oggi termina il nostro cammino insieme, un cammino lungo 43 anni, un viaggio nato e costruito seguendo la sua filosofia, cioè quella di lavorare ed impegnarsi per dare sempre a tutte le persone una possibilità, cercando di aiutare chi ha bisogno e tra questi in particolare chi è più in difficoltà.
Il miglior modo per onorare la sua memoria è far tesoro dell’esempio che ci ha lasciato, coltivare quei valori di umanità, responsabilità e aiuto verso il prossimo che erano i pilastri su cui ha costruito la sua intera esistenza e le fondamenta su cui ha fatto nascere la Papa Giovanni XXIII, questo è il modo migliore per continuare a camminare con passo deciso, affrontando ogni difficoltà, sul sentiero da lui tracciato.
Lo voglio ricordare sorridente, seduto al centro della sala, con i suoi “ragazzi” (gli ospiti della comunità) seduti in cerchio attorno a lui ad ascoltare i suoi messaggi di speranza e fiducia nel cambiamento, messaggi che riusciva a trasmettere con grande forza ed efficacia soprattutto alle persone che avevano perso la voglia di credere in un futuro migliore. Grazie Don!
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