MESTRE – Reggio Emilia ancora nella top ten, per il Pil prodotto da ogni residente, inclusi anziani e bambini. A dirlo uno studio della Cgia di Mestre che ha analizzato la produzione di valore aggiunto nei vari territori. Nel reggiano ogni abitante produce al giorno un Pil di 113,7 euro, contro i 104 euro della media nazionale.
Nel 2025 il Pil italiano sfiora i 2.244 miliardi di euro. Questo implica, secondo la Cgia su dati Prometeaia e Istat, che produciamo poco più di 6 miliardi di euro di reddito al giorno. Includendo anche i bambini e gli anziani, l’importo pro capite giornaliero medio nazionale ammonta a 104 euro. Il contributo per abitante più alto è a Milano con 184,9 euro. Seguono Bolzano (154,1), Bologna (127,6), Roma (122), Modena (121,3), Aosta (120,4), Firenze (119,8), Trento (119,5), Parma (115,4) e Reggio Emilia (113,7). In coda Enna (53,5), Agrigento (52,8), Vibo Valentia (51,5), Sud Sardegna (50,8), Cosenza (50,7) e Barletta-Andria-Trani (50,6). A livello regionale, la realtà più ricca è il Trentino A.A. (152,8 euro). Seguono Lombardia (140,8), Valle d’Aosta (134,5),Emilia Romagna (123,8) e Lazio (121,3).
Nel 2025 lavoreremo 251 giorni, due in meno de 2024 che, in termini di Pil – secondo la Cgia di Mestre – “costerà”, in linea teorica, 12 miliardi di euro pari a quello che potremmo subire dall’eventuale introduzione dei dazi dagli Usa. Comunque sia, a livello europeo siamo annoverati tra i più stakanovisti: secondo l’Ocse solo la Grecia (1.897), la Polonia (1.803), la Repubblica Ceca (1.766) e l’Estonia (1.742) hanno un numero di ore lavorate per occupato all’anno superiore al nostro che è pari a 1.734 contro le 1.500 ore in Francia e le 1.343 in Germania.
Nei 20 giorni circa che nel 2025 intercorrono tra l’inizio delle festività pasquali e la fine del ponte dell’1 maggio – spiega la Cgia di Mestre – tante fabbriche, magazzini, negozi e uffici si sono svuotati, continuando l’attività al rallentatore, mentre nelle realtà aziendali legate al settore turistico si lavora a pieno regime. Un problema che il legislatore ha cominciato ad affrontare nel 1977, quando si decise di cancellare alcune feste religiose (Epifania, S. Giuseppe, Ascensione, Corpus Domini, S. Giovanni e Paolo, S. Francesco). Recentemente, il governo Berlusconi nel 2004 e nel 2011 e poi quello di Monti cercarono di mettere mano alla situazione senza riuscirci. Se tra feste e giorni pre-festivi fossimo in grado di recuperare una settimana di lavoro all’anno, guadagneremmo un punto di Pil pari a circa 22 miliardi di euro.