REGGIO EMILIA – L’avviso di conclusione delle indagini inviato ad alcuni dirigenti ed ex dirigenti del Comune di Reggio chiarisce i contorni dell’inchiesta della Procura sugli incarichi professionali e mette a fuoco gli episodi oggetto di contestazione. Dai 18 indagati iniziali si è passati a 5. Al centro dell’inchiesta ci sono 14 incarichi professionali assegnati con 13 determine dirigenziali. I fatti risalgono a 7 anni fa. L’atto più recente tra quelli contestati è dell’agosto 2014, il più vecchio del marzo 2013. L’arco temporale coincide grossomodo con il periodo in cui il Comune fu retto come sindaco vicario da Ugo Ferrari, che è peraltro del tutto estraneo all’indagine.
I dirigenti ed ex dirigenti indagati sono Massimo Magnani per una determina, Elena Davoli, Lorena Belli, Luca Fantini e Santo Gnoni per tre ciascuno. L’incarico di valore più elevato – 30mila euro – è quello assegnato a una impiegata che svolgeva funzioni di segreteria e organizzazione all’assessorato alla Città storica. Poi ci sono tre avvocati, un architetto e un ingegnere. Alcuni incarichi, in particolare quelli assegnati da Fantini, sono di modesta entità: poche centinaia di euro per attività come corsi di italiano per cinesi.
Cosa c’è che non va in questi incarichi secondo l’accusa? In 12 casi viene contestato il falso ideologico: i dirigenti hanno affermato nelle determine di aver scelto i professionisti dalla banca dati dei curricula, cosa che secondo la Procura non è vera. Per 5 incarichi (tre assegnati dalla Belli e uno a testa da Magnani e dalla Davoli) si ipotizza poi l’abuso d’ufficio: anziché invitare a farsi avanti almeno 5 aspiranti, il lavoro sarebbe stato assegnato direttamente al soggetto scelto dal dirigente.
Quando l’indagine divenne di dominio pubblico, nel febbraio 2019, il M5S denunciò che il Comune di Reggio aveva affidato “più di 12 milioni di euro di incarichi esterni con un regolamento illegittimo”. La valutazione della Procura è diversa. L’importo complessivo degli incarichi di cui viene messa in dubbio la regolarità è di 133mila euro. Inoltre la possibile irregolarità non sta, secondo gli inquirenti, nell’uso di un regolamento illegittimo, ma nella mancata applicazione di quel regolamento.