REGGIO EMILIA – Gli sono bastati un computer, un collegamento internet e i contatti che aveva in precedenza e che ha continuato evidentemente a mantenere. L’imprenditore nel campo dell’elettronica Omar Costi, reggiano di 46 anni, dopo un primo periodo in carcere in seguito all’operazione Octopus del giugno 2014 – e poi coinvolto anche nell’inchiesta Aemilia – era finito ai domiciliari e da lì, secondo le nuove accuse, gestiva una società cartiera che fabbricava false fatturazioni.
Si serviva, secondo le indagini, dell’aiuto di due persone, un 38enne e un 64enne, anche loro indagati per frode fiscale e riciclaggio e anche loro reggiani. Lo avrebbe fatto tramite la Xlf Investement Trade con sede a Reggio Emilia, poi trasferita nel Veneziano: una scatola vuota per gli inquirenti, il cui scopo era appunto quello di emettere fatture false per consentire a terzi l’evasione delle imposte.
E di terzi interessati all’affare ce n’erano parecchi. La guardia di finanza reggiana, che ha iniziato a indagare un anno fa, ritiene che 35 imprese tra Reggio, Napoli, Ravenna e Milano siano state beneficiarie di tutto questo: annotavano nelle loro scritture contabili i documenti fittizi, abbattendo significativamente la propria base imponibile per ottenere indebiti risparmi di imposta.
Secondo le Fiamme Gialle, attraverso questa “società fantasma” i tre indagati hanno emesso, nel triennio 2014-2016, circa 10,7 milioni di euro di fatture per operazioni inesistenti nei confronti di queste aziende, appropriandosi dei proventi illeciti. I finanzieri hanno eseguito nei loro confronti, dopo l’ottenimento da parte del sostituto procuratore Giacomo Forte, un sequestro preventivo di beni per un corrispettivo di 1,7 milioni tra immobili, conti correnti, partecipazioni e quote societarie.
Mentre il 64enne, che risiede in città, sembra essere stato un puro prestanome, il 38enne, che abita a Gualtieri, è a sua volta imprenditore. Gli inquirenti si sono resi conto che in pochissimo tempo questa Xlf Investement Trade aveva aumentato di molto il proprio volume d’affari e hanno iniziato a monitorare le movimentazioni finanziarie.
I tre sono accusati anche di riciclaggio: è emerso, infatti, che le somme accreditate sui conti correnti dell’azienda cartiera, con bonifici ordinati dalle società clienti delle false fatture, venivano sistematicamente riciclate tramite il trasferimento su conti esteri intestati a un’impresa slovacca, attiva dal 2012 nel settore della logistica e del commercio all’ingrosso riconducibile a un cittadino italiano unico azionista e con un management composto, oltre che da slovacchi, anche da austriaci.
Costi, come dicevamo, è indagato nell’inchiesta Octopus riguardante sempre un maxi giro di false fatturazioni, e il 31 ottobre 2018 è stato condannato in primo grado nel maxi processo contro la ‘ndrangheta Aemilia a 19 anni e 6 mesi per le accuse del filone ordinario e a 13 anni e 9 mesi per quelle nel filone abbreviato, sentenza contro la quale ha fatto appello. Inchieste non collegate a questa ultima attività scoperta dalle Fiamme Gialle.
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