REGGIO EMILIA – Torniamo ad occuparci della liquidazione di Reggio Emilia Fiere. Le somme ricavate dalla vendita degli immobili e delle aree industriali porta a rileggere sotto una luce diversa le polemiche degli anni scorsi.
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Nel 2013, in coincidenza con il crac delle Fiere, il mondo politico reggiano fu scosso da una violenta polemica. Una perizia chiesta dalla società in vista della presentazione della domanda di concordato aveva attribuito al patrimonio immobiliare un valore di 27 milioni. Pochi mesi dopo, una seconda perizia commissionata dal commissario giudiziale Tiziana Volta indicò che il patrimonio valeva invece quasi 38 milioni. I vecchi amministratori di Reggio Emilia Fiere furono accusati da una parte dell’opposizione di aver svalutato il patrimonio, con il risultato – se non proprio con l’obiettivo – di svendere le aree. La polemica proseguì tra alti e bassi fino al 2015.
A distanza di alcuni anni si possono tirare le somme e dire che il patrimonio immobiliare delle Fiere non vale né 27 milioni, né tantomeno 38, ma i 9 milioni che il liquidatore Aspro Mondadori è riuscito a raggranellare. Il polo fieristico di via Filangieri, ad esempio, che secondo una perizia valeva 20 milioni e secondo l’altra 27, è stato poi venduto per 6,85 milioni di euro. Non si è trovato nessuno che fosse disposto a pagarlo di più, almeno in assenza di una variante che consentisse di svincolarlo dalla destinazione fieristica.
Anche il Tribunale, in quei frangenti, prese un abbaglio. Nel decreto di omologa del concordato del giugno 2014 si legge: “Nessun dubbio può sussistere in ordine alla fattibilità economica” del concordato, perché “l’attivo realizzabile è verosimilmente pari a 37,7 milioni di euro”. I giudici della sezione fallimentare scrivevano che dalla vendita degli immobili era “ricavabile una provvista sufficiente al pagamento integrale di tutti i creditori, con un avanzo di liquidazione di 9,9 milioni da distribuire ancora ai creditori”. Le cose, come si è visto, sono andate in modo assai diverso.
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Sul dissesto di Reggio Emilia Fiere, interviene l’ex amministratore delegato di Siper, la società che ha gestito l’attività fieristica prima della fusione con Sofiser, che era proprietaria dei padiglioni di via Filangieri e delle aree industriali. “La gestione del quartiere per fiere, mercati, convegnistica ed iniziative diverse non ha lasciato debiti – sottolinea Andrea Margini – e al momento della fusione con Sofiser aveva il conto bancario in attivo’. Per contro, aggiunge l’ex amministratore delegato, Sofiser era ‘portatrice di una situazione di forte indebitamento”. Nel servizio mandato in onda ieri si ricordava che proprio quell’indebitamento risultò fatale a Reggio Emilia Fiere, quando il settore immobiliare entrò in crisi.
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