REGGIO EMILIA – Il servizio pensato da Diocesi e Ausl che vede la presenza e il supporto spirituale dei sacerdoti nei reparti Covid degli ospedali reggiani prosegue e anzi cresce nei numeri dei coinvolti. Si ferma però per due dei sei preti pionieri del progetto, partito a inizio dicembre: don Giovanni Valentini e don Giordano Goccini, entrambi rimasti contagiati dal Covid.
“Non siamo nemmeno riusciti a capire se sia stato io a contagiare lui o viceversa, e non è nemmeno importante capirlo – dice don Goccini – La verità è che in ospedale la carica virale è alta“.
I sacerdoti, che erano tutti e due in corsia all’ospedale di Guastalla, stanno affrontando assieme, nella stessa residenza e per ora senza sintomi, l’isolamento. “Noi stessi siamo spesso l’interlocutore più scomodo, per questo che vogliamo stare sempre assieme agli altri”.
Un immedesimarsi quindi doppiamente, per il sacerdote, nell’esperienza di questa malattia; un’esperienza anche di profondo cambiamento personale, il cui senso ha raccontato al direttore di Telereggio Mattia Mariani nel corso della puntata del nostro settimanale ‘Il sesto giorno’. Per un prete non è raro vedere il volto della morte, ma in questo caso si diventa a propria volta il volto di quei famigliari cui è negato l’accesso. “Noi lì non abbiamo alcun compito né senso ‘funzionale’: siamo come un parente, un amico. E’ un gesto gratuito“.
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Questa sera alle 22.30 su Telereggio la testimonianza integrale di don Goccini, all’interno de “Il sesto giorno”.
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