REGGIO EMILIA – Un lessico operaista anni ’70, ma un utilizzo molto disinvolto dei moderni social network. Lotta di classe, rivoluzione socialista, costituzione del “Governo di blocco popolare”. Pensieri e parole dei Carc, (Comitati di appoggio alla Resistenza per il Comunismo), l’organizzazione extraparlamentare di ispirazione marxista-leninista che a Reggio Emilia è finita sotto ai riflettori per aver promosso, insieme ad altre sigle, lo scorso 1 maggio, la Festa per l’Unità comunista al Tunnel durante la quale si è esibita la band P38 con tanto di bandiera delle Brigate Rosse.
Marco Vicini, presidente del circolo Arci, indagato per istigazione a delinquere, è un militante iscritto ai Carc. Ma cosa rappresenta questa formazione, pressoché sconosciuta all’opinione pubblica, ma molto tenuta d’occhio da Digos e magistratura? Sono state diverse le indagini avviate per “sovversione e associazione a delinquere” e dell’attività dei Carc si è occupata nel 2001 la Commissione Parlamentare d’inchiesta sul terrorismo.
I Carc risultano fondati nel 1992 a Viareggio. La sede nazionale risulta essere a Milano, il maggior radicamento si ha tuttavia in Toscana e in Campania con presenze anche in Emilia Romagna e nel Lazio. A Reggio Emilia una sezione è nata nel 2017. “Il terreno è fertile – si legge in un loro scritto proprio del 2017 – perché Reggio è una città gravida di storia”. Tra gli elementi significativi a vengono citati “l’appartamento e la nascita delle Brigate Rosse”.
I Carc non condannano l’esperienza degli anni di piombo e hanno più volte solidarizzato con le nuove Br, nel 2017 organizzarono un presidio all’esterno del carcere dell’Aquila a sostegno di Nadia Desdemona Lioce. Quella delle Br viene definita “una esperienza dirompente a cui molti compagni guardano con ammirazione” dato che le stesse Br “hanno ridato fiducia nelle possibilità di vincere fare la rivoluzione socialista nel nostro Paese”. (continua)
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