REGGIO EMILIA – Si avvicina a compiere un quarto di secolo il modello a “rete di sedi” dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Una sfida impegnativa che ha mostrato la fatica di entrambe le città, non solo la nostra, a diventare città universitarie. Prezzi elevati e ricerche lunghe settimane per trovare una stanza contraddistinguono l’offerta abitativa privata rivolta agli studenti fuori sede.
In centro storico e nelle prime periferie la vena “si è esaurita”, dice Confedilizia. “Abbiamo assistito a una saturazione del mercato immobiliare in prossimità dei luoghi in cui avvengono le lezioni – spiega la presidente provinciale Annamaria Terenziani -, gli studenti cercano soprattutto lì vicino. Bisognerebbe cercare di ampliare il raggio di interesse nei confronti di immobilli che si trovano più lontano. Ma è poi vero che gli studenti si scontrano con problemi nei trasporti. C’è un problema di collegamenti, epperò i comuni limitrofi hanno immobili a disposizione”.
Sono circa tremila gli iscritti alla sede reggiana provenienti da fuori provincia. La mole di domanda rivolta a un’offerta esigua, ma anche la necessità di trovare una sistemazione in tempo per l’inizio delle lezioni sono complici del permanere fenomeno degli affitti in nero. Circa trecento le situazioni potenzialmente irregolari fatte emergere di recente dalla Guardia di finanza e dell’Agenzia delle Entrate.
“Oltre ad essere illecito, affittare in nero non conviene al proprietario – afferma la presidente Terenziani -, il canone non gli sarebbe dovuto e anche sfrattare un abusivo gli può diventare difficile se non con procedure gravose. Non beneficia nemmeno di vantaggi fiscali, che esistono”.
Confedilizia propone poi di aumentare la detrazione assegnata alle famiglie per gli affitti dei figli all’università. La quota oggi è del 19%, se fosse più alta farebbe sparire del tutto o quasi gli accordi sottobanco.
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