FABBRICO (Reggio Emilia) – Sono arrivate al Reggiano le indagini sul brutale fatto di cronaca del 26 agosto scorso. Per la precisione, sono arrivate a Fabbrico. E’ lì che vive il 42enne arrestato ieri all’alba: un arresto col quale gli inquirenti ritengono di aver chiuso il cerchio attorno ai responsabili di quelle otto ore di sequestro e torture ai danni di un 47enne. La vicenda accadde in una frazione di Valeggio sul Mincio, in quella fetta di veronese al confine col mantovano. E infatti proprio nel mantovano, in un casolare, venne tenuto il 47enne, dopo essere stato caricato a forza su un’auto e gambizzato con tre colpi di pistola. La vittima non risulta ricca, di professione recupera crediti, ed è il movente la parte ad ora più oscura della vicenda. L’uomo venne tenuto per ore in quell’edificio disabitato e seviziato, poi venne abbandonato nei pressi di Goito, ad un incrocio.
L’arresto del fabbricese, incensurato, è il sesto. Il resto della banda era stato bloccato in flagranza il 24 settembre scorso: i cinque, una donna di origine albanese e quattro uomini tutti residenti nel bresciano, quella sera tentarono di incendiare un’abitazione di proprietà sempre della vittima a Castelnuovo del Garda. Gli indagati avrebbero fatto il nome del reggiano: quel 26 agosto, dopo aver accompagnato il figlio a scuola, avrebbe preso la via per Valeggio sul Mincio e partecipato alla cosa. Deve rispondere di detenzione illegale di armi, rapina, ricettazione, tortura. Non è escluso che il 47enne sia stato rapinato e torturato per vendetta da parte di una delle donne componenti il commando.
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