REGGIO EMILIA – All’inizio degli anni ottanta del secolo scorso, il Vescovo Gilberto Baroni iniziò l’opera di accorpamento di alcune parrocchie. Il calo delle vocazioni aveva già indotto a ridurre il numero dei curati nelle realtà più grandi e sulla scia del sinodo cominciato negli anni settanta si disegnarono i primi vicariati. Da allora, il numero dei preti nella diocesi di Reggio e Guastalla come altrove, si è ridotto sempre più. Quando il Vescovo Baroni accorpò le prime parrocchie, i sacerdoti diocesani erano 325:oggi sono 217. Di questi alcuni sono in missione, altri operano fuori diocesi e taluni sono a riposo per malattia o età avanzata. Quindi il numero di coloro che sono impegnati in parrocchia scende di gran lunga sotto i 200. L’età media del clero diocesano è di 58 anni.
Quando un prete raggiunge i 75 anni deve rassegnare le dimissioni dai propri incarichi ma sovente il Vescovo gli chiede di rimanere in servizio. Se un tempo nelle parrocchie c’era un prete maturo coadiuvato da un sacerdote giovane, oggi accade che parroci vicini ai 60 anni siano aiutati da confratelli di 80 come nel caso di Novellara e Correggio. Le incombenze, anche legali, sono tantissime. La legge ignora le unità pastorali e il ruolo dei laici per cui è ancora e sempre il parroco il responsabile di ogni bene materiale. Gli uffici di curia nel tempo si sono strutturati per assistere i sacerdoti nelle interlocuzioni con enti locali, sovrintendenze, realtà sanitarie ecc.
Alcune unità pastorali hanno investito sui laici creando pure posti di lavoro ma il peso che grava sui preti è sempre consistente con i Vescovi, monsignor Morandi compreso, costretti ad inventarsi soluzioni spesso d’emergenza per dare risposte alle comunità.
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