REGGIO EMILIA – Il caso legato alla morte per suicidio assistito delle gemelle Kessler ha riaperto un dibattito etico e civile sul fine vita sempre attuale. In Italia la normativa è chiara: l’eutanasia attiva è reato mentre il suicidio assistito è consentito solo in casi eccezionali, grazie ad una sentenza della Corte costituzionale.
Le condizioni? Malattia irreversibile, sofferenze intollerabili, dipendenza da trattamenti vitali e piena capacità di intendere e volere, con iter controllato dal Servizio sanitario e da un comitato etico. Accanto a questo, la Legge garantisce cure palliative e terapia del dolore, per assicurare dignità e qualità della vita ai malati terminali.
Un passaggio fondamentale arriva nel 2018 con la Legge 219 sulle Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT), il cosiddetto biotestamento.
A “Il medico il Cittadino” il bilancio di quante persone hanno esercitato questo diritto pensando a eventualità estreme in cui non sia possibile esprimere una chiara volontà. Nel reggiano dall’inizio dell’anno sono stati 105 gli accessi, oltre 350 negli ultimi cinque anni, da quando è attivo il servizio.
Importante in questo senso anche il progetto InVita avviato nel 2023 che sta creando una rete sul nostro territorio tra cure palliative, volontariato e comunità, per accompagnare le persone nel fine vita con rispetto, umanità e attenzione ai diritti. Nel sito invita.net documentazione, casi, indicazioni per i caregiver, possibilità di sapere dove chiedere aiuto per sentirsi meno soli.
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