REGGIO EMILIA – Il Progetto Reggiane 3D, nato all’interno dell’università di Ingegneria dell’università di Reggio con l’obiettivo di recuperare il patrimonio tecnico delle Officine Reggiane: nei giorni scorsi vi abbiamo mostrato il prototipo del motore per bicicletta, oggi vi parliamo dell’aereo Sagittario.
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L’aereo RE 2005 Sagittario risale al 1942: alle Reggiane ne furono realizzati una trentina di esemplari, utilizzati nelle ultime fasi della guerra prima dell’8 settembre ’43. Poi il bombardamento della fabbrica e la fine della produzione bellica: il progetto finì in un cassetto. Per la sua tesi di laurea, Gabriele Castagnetti, ha recuperato i disegni originali e li ha riordinati, li ha riprodotti in tre dimensioni per realizzare, dopo più di 80 anni, un modello virtuale.
“Il valore è stato quello di recuperare un pezzo storico così grande dell’aviazione, un veicolo molto performante per l’epoca: recuperare la tecnologia dell’epoca, ancora oggi usate perché molto moderne”. Un lavoro che rientra nel progetto Reggiane 3D, nato all’interno del dipartimento di scienze e metodi dell’ingegneria dell’università di Reggio con l’obiettivo di recuperare quell’immenso patrimonio tecnico delle Officine Reggiane andato perduto. “Capire come si riuscivano a fare progetti di meccanica fine con strumenti che adesso definiremmo arretrati ma che per l’epoca erano molto avanzati, senza nessun tipo di supporto digitale, senza la possibilità di fare simulazioni per riuscire a capire in anticipo il comportamento dei componenti come facciamo ora”, sottolinea Andrea Spaggiari, docente di progettazione meccanica di Unimore.
“Le Reggiane erano arrivate ad essere la quarta azienda a livello nazionale con oltre 12mila dipendenti, con conoscenze tecnologiche che sono state la fortuna delle aziende nate nel dopoguerra in provincia, lavorare in un’azienda areonautica all’epoca significava essere al top – spiega Adriano Riatti , curatore dell’Archivio Storico Officine Reggiane – L’idea del progetto è quella di mettere i modelli Cad su un sito a libero accesso, per questo c’è stato anche un finanziamento da parte della Fondazione Manodori, in modo che chiunque sia un po’ curioso e appassionato possa vedere questi modelli in un maniera più fruibili, potendoli ruotare o sezionare: cose che con il disegno 2D sono impossibili”.
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