REGGIO EMILIA – ‘”Reggiana noi ti amiamo”, e poi “Quattro partite, undici leoni”. Gli striscioni del tifo organizzato, l’incitamento di presenza all’arrivo della squadra, alle 13. La società in queste due settimane ha optato per il silenzio, i reggiani alla fine lo hanno rotto, per non lasciare il gruppo solo. Sembrava un po’ di essere tornati al luglio scorso: lo stadio era sempre vuoto, il pullman arrivava con le due ali di accompagnamento. Allora c’era una promozione da conquistare, stavolta una salvezza. La vittoria col Pordenone, condizione fondamentale per mantenere viva la fiammella della speranza, è sicuramente frutto anche di questa accoglienza. Tra chi non ha mai smesso di tifare, con la trombetta che l’ha reso famoso in Italia, il patron Romano Amadei. “Siamo ancora vivi – dice – Speriamo ancora, peccato per l’Ascoli che ha vinto, puntavamo ai play out con loro”.
Il viso del presidente Carmelo Salerno è quello di chi, in queste due settimane, ha perso ben più di un’ora di sonno: “Siamo stati zitti e ci siamo concentrati molto, abbiamo fatto dei mea culpa, se prendiamo sempre gol all’ultimo è colpa nostra, non è merito degli avversari”.
Con le dovute proporzioni – all’epoca arrivò il sigillo sulla salvezza, e si trattava di salvezza in serie A – possiamo dire che dopo quello del
’94 mettiamo un altro primo maggio in bacheca. “Dobbiamo crederci tutti, se vogliamo vinciamo, anche in dieci, e oggi lo abbiamo dimostrato; ho parlato per rispetto vostro e dei tifosi, ma torneremo a parlare il 10 maggio”.
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