REGGIO EMILIA – Il Reddito di cittadinanza è utile o no? Sta raggiungendo gli obiettivi per i quali è stato introdotto o si è rivelato un fallimento? E’ uno strumento efficace di lotta alla povertà, come sostiene il M5S, oppure è un disincentivo al lavoro, come dice la Lega, che pure nel 2019 contribuì ad approvarlo? Il tema deve essere affrontato su due diversi piani.
Il primo è quello del contrasto alla povertà, il secondo quello del reinserimento nel mondo del lavoro. Partiamo dal primo aspetto, calando al questione nella realtà locale. Nel 2019 più di 4.300 nuclei famigliari della nostra provincia hanno percepito il Reddito di cittadinanza o la pensione di cittadinanza, erogata alle persone con più di 67 anni. L’importo medio mensile del Reddito di cittadinanza è stato di 458 euro, mentre la pensione di cittadinanza è stata in media di 220 euro. Sono queste le somme di cui stiamo parlando. Va ricordato che il Reddito di cittadinanza non è l’indennità di disoccupazione, ma è una forma di integrazione del reddito: un aiuto temporaneo a un nucleo famigliare in difficoltà, un sostegno che può essere percepito per un periodo continuativo massimo di 18 mesi.
Chi sono i beneficiari? Meno di 50 anni, uomini o donne in uguale misura, licenza media, italiani: è questo l’identikit del 70% circa dei percettori del Reddito di cittadinanza. Questo strumento nel 2019 ha messo 10 milioni di euro nelle tasche di 4.300 famiglie reggiane. La sua funzione di contrasto alla povertà il Reddito di cittadinanza dunque bene o male l’ha svolta. Si potrebbe anzi discutere sulla opportunità di incrementare le risorse a disposizione. Ma il reinserimento nel mondo del lavoro? La disponibilità a partecipare a corsi di riqualificazione o a lavori di pubblica utilità? Questo richiede un approfondimento a parte.
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