REGGIO EMILIA – “E’ una sentenza che contribuisce a ricostruire la verità di un periodo veramente drammatico della ‘ndrangheta in tutto il Nord!. Così, subito dopo la sentenza di appello il sostituto procuratore generale Lucia Musti.
Sicuramente un’altra verità rispetto a quella scritta nella sentenza di primo grado dal tribunale di Reggio, che aveva condannato solo il boss Nicolino Grande Aracri e solo per l’omicidio di Giuseppe Ruggiero a Brescello. La Corte di assise di appello di Bologna ha invece accolto le richieste della Procura generale. Angelo Greco, Antonio Lerose, Antonio Ciampà e Nicolino Grande Aracri sono stati ritenuti responsabili a vario titolo degli omicidi, premeditati e aggravati dal metodo mafioso di Nicola Vasapollo, 33enne di Cutro, assassinato il 21 settembre 1992 a Reggio e di Giuseppe Ruggiero, 35enne cutrese, ammazzato da quattro uomini travestiti da carabinieri il 22 ottobre ’92 a Brescello.
“La corte condanna i quattro imputati alla pena dell’ergastolo e per Grande Aracri Nicolino e Antonio Ciampà dispone anche l’isolamento diurno per un anno”. Così il presidente in aula.
I collaboratori di giustizia hanno giocato un ruolo fondamentale, le dichiarazioni di Antonio Valerio e Salvatore Cortese in primo grado non erano state riconosciute credibili perché discordanti in alcuni punti. In Appello è stato sentito per la prima volta anche il pentito Vittorio Foschini. Tutti gli avvocati difensori attendono le motivazioni ma hanno già annunciato che faranno ricorso in Cassazione.
Milena Micele, avvocato di Antonio Lerose: “L’impianto motivazione della sentenza di primo grado era perfetto”.
Gianluca Fabbri, avvocato di Nicolino Grande Aracri: “Pensiamo sia stato svalutato il ruolo dei giudici di primo grado”. Filippo Giunchedi, sempre del collegio difensivo di Grande Aracri: “Lo abbiamo sentito, l’ha presa con filosofia, ma abbiamo un altro grado di giudizio e lo faremo valere”.
Disposto il risarcimento per il comune di Brescello e per l’associazione Libera. “Il valore della presenza di un Comune come parte civile nel processo – ha detto l’avvocato Salvatore Tesoriero – è dato dalla partecipazione, in contraddittorio, alla ricostruzione dei fatti. Il Comune ha il dovere civico di presidiare i luoghi nei quali si ricostruisce un pezzo di storia della propria comunità”.
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