REGGIO EMILIA – La situazione di Edilgest, il consorzio edile guidato da Roberto Salati destinatario di una interdittiva antimafia della Prefettura, è ancora più delicata di quanto non sia apparsa sin dall’inizio di questa vicenda. L’interdittiva antimafia, di per sé, impedisce all’azienda che ne è colpita di partecipare agli appalti pubblici, ma non le preclude la possibilità di lavorare nel settore privato. Nel 2021, però, la Prefettura, l’Amministrazione provinciale e tutti i Comuni della nostra provincia hanno sottoscritto un documento che integra i protocolli antimafia del novembre 2015 e del giugno 2016.
Questo addendum, così si chiama, in sostanza estende all’edilizia privata le limitazioni previste per l’edilizia pubblica. Un esempio: il Comune non rilascerà il permesso di costruire a un’impresa esclusa dalla white list o destinataria di interdittiva. E se il titolo edilizio è già stato rilasciato, esso verrà sospeso con effetto immediato. Ancora: se un’impresa interdetta sta eseguendo lavori per conto di un altro soggetto, il Comune è tenuto a sospendere i lavori fino a quando non sarà subentrata un’altra azienda esecutrice. Se poi la ditta esclusa dalla white list o interdetta invia una Segnalazione di inizio attività (Scia) o una Comunicazione di inizio lavori (Cila), il dirigente comunale emette ordine motivato di non effettuare l’intervento. Perfino i lavori in corso sono a rischio: l’impresa interdetta può proseguire solo gli interventi edilizi in corso di ultimazione.
Il consorzio guidato fino a ieri dal capogruppo della Lega in Sala del Tricolore rischia dunque di avere vita difficile.
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