BRESCELLO (Reggio Emilia) – La sentenza con cui il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Bologna, Roberta Malavasi, ha dichiarato il non luogo a procedere nei confronti degli ex sindaci di Brescello Giuseppe Vezzani e Marcello Coffrini, accusati di concorso esterno in associazione mafiosa, contiene considerazioni severe sulle condotte dei due amministratori.
Prendiano, ad esempio, il caso della variante al piano regolatore approvata l’1 luglio 2010, con Vezzani sindaco e Coffrini assessore all’Edilizia, per la realizzazione di un supermercato Famila nell’area ex Arkos. Il giudice scrive che, dall’analisi della destinazione del denaro incassato dalla Gruppo L.B. Immobiliare per la vendita dell’area, risulta che “l’elenco dei beneficiari – persone fisiche e giuridiche – reca quasi unicamente soggetti prossimi” alla cosca Grande Aracri.
La sentenza sottolinea che, quando Francesco Grande Aracri costituì una nuova società per aggirare il sequestro delle sue imprese disposto dal tribunale di Reggio, Coffrini si compiaceva pubblicamente “che la consorteria avesse ripreso a fare ciò che l’autorità giudiziaria stava cercando di impedire, ossia di investire i profitti derivanti da delitto in attività economiche”. In sintesi: “Se i sindaci Vezzani e Coffrini si siano spesi oppure no per contrastare l’infiltrazione della ‘ndrangheta nel loro territorio […] ciascuno può (politicamente) giudicare. Sotto il profilo della responsabilità penale, però, tali condotte non hanno rilievo”.
Non hanno rilievo, si legge nella sentenza, perché il reato di concorso esterno richiede la volontà di portare un contributo al rafforzamento dell’organizzazione criminale. E negli atti d’indagine, scrive il Gup, manca la prova “che gli imputati abbiano agito nella consapevolezza e con la volontà di realizzare quel risultato”. Così come, dall’analisi dei tabulati telefonici dal 2016 al 2022, manca la prova di collegamenti diretti tra i due sindaci e gli uomini della cosca.
Mettendo a confronto l’epilogo di questa vicenda con quella che ha coinvolto Giuseppe Pagliani, si può osservare che in entrambi i casi gli imputati sono stati prosciolti o assolti, ma per ragioni diverse e quasi opposte. Di Pagliani i giudici scrissero nella sentenza che incontrò Nicolino Sarcone sapendo che era uno ‘ndranghetista, ma che poi non diede seguito al patto stretto con gli uomini delle cosche: consapevole, dunque, ma non colpevole. Vezzani e Coffrini, invece, sono stati prosciolti perché non ebbero contatti diretti e, anche se con la loro azione amministrativa potrebbero avere favorito la cosca, non c’è prova che ne fossero consapevoli.
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