REGGIO EMILIA – Sulla proroga delle concessioni ai gestori del servizio idrico in Emilia Romagna è emerso una sorta di braccio di ferro tra la Regione e il Governo. Sulla vicenda abbiamo ascoltato oggi l’assessore all’ambiente della Giunta Bonaccini, Irene Priolo.
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In ottobre la Regione Emilia Romagna ha prorogato al 2027 le concessioni ai gestori del servizio idrico integrato (alcuni dei quali, vedi Bologna, sono in scadenza il 19 dicembre). La misura riguarda tutti gli affidamenti, ad eccezione di Reggio e Rimini, dove sono in corso procedure di gara.
Il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani ha, però, deciso di sottoporre al Consiglio dei Ministri la valutazione dell’impugnazione di questo provvedimento regionale, con la possibilità che venga aperto un contenzioso davanti alla Corte Costituzionale.
L’ obiettivo della Regione – ha cercato di chiarire l’assessore Irene Priolo – non è affatto quello di alterare la concorrenza di mercato, né quello di ingerenza nelle prerogative del legislatore nazionale, ma è quello di permettere di investire sulle reti e sugli impianti del servizio idrico sfruttando le risorse del risorse stanziate dall’Europa per la ripresa post pandemia.
“Il PNRR – ha dichiarato l’assessore all’ambiente della Regione – sta per destinare molte risorse per gli investimenti in questo ambito strategico ed imporrà tempi di realizzazione strettissimi. Ora, è evidente che affrontate oggi gare molto complesse, che richiederanno molti mesi e daranno luogo ad altrettanto complessi e lunghi subentri nelle gestioni, non è compatibile con questo scenario. Pena l’impossibilità di accedere ai fondi, o di rispettare i tempi vincolanti che l’Europa ci ha dato per spenderli. E col fortissimo rischio di dover restituire a Bruxelles le risorse senza aver realizzato investimenti cruciali e indispensabili per l’acqua e il servizio idrico”. “Con il Governo è in corso un confronto”, ha aggiunto l’assessore.
La proroga della Regione aveva suscitato polemiche tra i comitati per l’acqua pubblica sia per il metodo, cioè la mancata consultazione dei comitati e delle associazioni ambientaliste, sia per il merito del provvedimento, che azzererebbe – sostengono – ogni discussione sulla “ripubblicizzazione dell’acqua”.
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