BOLOGNA – La data del 2 agosto risuona ancora forte nelle menti dei parenti delle 85 vittime di Bologna, come risuonano le richieste e le proteste dell’associazione famigliari, dell’Anpi, di parte della politica: “Il Governo riconosca la matrice di quello che avvenne 43 anni fa, pronunci le parole ‘strage fascista’”. Ed è proprio in questo momento, in questa settimana dell’anno, che arrivano le motivazioni di una decisione che il tribunale del Riesame ha preso a metà luglio, confermando il carcere per l’ex primula nera, il reggiano Paolo Bellini, condannato nell’aprile dell’anno scorso in primo grado all’ergastolo proprio perché ritenuto uno degli esecutori della strage della stazione del 1980. Bellini è dietro le sbarre dal 29 giugno: gli inquirenti ritengono stesse pianificando nuovi delitti.
“Un soggetto – dicono di lui i giudici – pronto a fuggire e a vendicarsi, per il quale la commissione di un omicidio non costituisce in alcun modo un evento traumatico, essendo avvezzo a tale genere di delitti”.
Professione killer, in pratica. Il nome di Bellini è legato a parte della storia di sangue della nostra provincia, dall’omicidio di Alceste Campanile alle attività per conto della ‘ndrangheta.
“La quantità di omicidi e l’elevatissimo livello criminale hanno fatto leggere correttamente l’obiettivo contenuto in intercettazioni dove si leggono parole gravi e che inquietano”, commenta l’avvocato Andrea Speranzoni, legale di parte civile per l’associazione dei familiari delle vittime, riferendosi alle frasi di Bellini nelle quali emergeva il suo proposito di vendetta nei confronti del giudice Francesco Caruso, il presidente della Corte di assise – ed ex presidente del tribunale di Reggio – che lo aveva condannato all’ergastolo. Quelle parole intercettate “non possono essere ritenute espressione di un mero sfogo, dettato da un momentaneo impeto di rabbia – scrive il Riesame – Se fosse sottoposto a misure diverse dal carcere, vi sarebbe la sostanziale certezza che Bellini commetterebbe i gravissimi delitti programmati, in relazione ai quali ha maturato i propri propositi criminosi’, si legge ancora nelle motivazioni.
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