Intervista di Margherita Grassi
per Tg Reggio
REGGIO EMILIA – Maltrattamenti fisici, violenze psicologiche, minacce e stalking. Più volte, da quando stavano insieme dal giugno 2024, Peter Pancaldi aveva minacciato e perseguitato l’ex compagna Daniela Coman, che poi ha ucciso presumibilmente nella tarda mattinata di martedì (e non mercoledì come appreso inizialmente) nell’abitazione di Prato di Correggio, nel Reggiano, dove avevano convissuto.
“La sorella della vittima e anche le amiche sapevano degli atti persecutori del presunto omicida. Ma purtroppo non ci sono state mai denunce che potevano essere utilizzate per accendere un faro”, ha detto il procuratore capo di Reggio, Calogero Gaetano Paci, a margine della conferenza stampa di stamattina al comando provinciale dei carabinieri dopo il fermo dell’uomo accusato del delitto della donna di 48 anni.
“L’uomo – ha proseguito Paci – aveva più volte minacciato di aggredire persone che frequentavano la palestra della donna. E le modalità di tapparle naso e bocca l’aveva già utilizzata in passato nei suoi confronti, dicendole che prima o poi l’avrebbe uccisa così“. Come effettivamente è avvenuto stando alla confessione resa dall’uomo con dichiarazioni spontanee nel corso dell’interrogatorio fiume ieri in caserma, da cui è scaturito il provvedimento pre-cautelare del fermo. Violenze di cui la vittima aveva riferito alla sorella oltre che a qualche amica e collega di lavoro.
Il procuratore Paci ha lanciato un accorato appello: “La raccomandazione che noi operatori di giustizia facciamo a tutte le persone che si trovano a subire atti persecutori o costrette a vivere in relazioni violente o tossiche: la denuncia è fondamentale ed è necessario compiere questo passo. Il nostro ordinamento è all’avanguardia, le leggi ci sono e i sistemi di protezione anche. Invito le donne a superare la ritrosia, la vergogna e qualsiasi tipo di ostacolo. Davanti a questo tipo di relazioni c’è in gioco il bene e la vita delle persone”.
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